![](https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgso4NibRM2Dpz76d2crBmZWaCzSfGBiMHrwXX5UC29uFA-i-qg8H_IZUKS0elpMQCnDoZ7IApzX9SFM2obGUdNGodgr0krmefSphiurHtFiuvD4oEMQLgFQvYzcnamN2w_9VtBCioIAHU/s400/BAMBOLOTTI-CWR-WEB.jpg)
sola
magia di te stessa
non ti guardi allo specchio mai
non vuoi vedere i crocicchi dei tuoi molti vanti
d'amore
né l'imene caduto al primo bacio.
Piero Manni editore
![](https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi0eS6EzSFjgvK3uPjwBfj43wR7D4zvck80QK69Fqh0Ag0JydKn3nf2V19CB5mmo30oRVm9GhgQfKet0cB5ggUUsYoljMZR7Bt6oTmglg6gAypNpfuJiseRSEZg9vvGhuwSSEl70gU3mV4/s400/merini.jpg)
Manganelli
O imene, tenebra e luce
Contatto del primo amore
Pelle liscia ed esausta
Che piange di poesia
Sul lido dell'astratto
Dove si sogna amore
E c'è un frate indovino
Che celebra le nozze.
![](https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgtxHv4uNwuT7ZYJo3JbL9Kev2nQXEaMQfiHOpEt4bVTjO9I_8oxSjbJMljtx0xrGel0gLCdfH55rkSHMMfag1bP8gv9P4VlsbrjD-UVVUuOrrWbHvQB4QRTPudNWyC93uSiB_FMjPrR_Y/s400/38_portraits_alda_merini.jpg)
Milano 1931
Le cose che non riesco a dire
ai mille curiosi che vengono alla mia porta
è come nasce
il gemito della follia.
Esso è un gemito
senza volto che arde di amore
e prima che ti rubassero i figli
essi sono già sparititi dalla tua mente,
son diventati sogno.
Il dolore terribile di vederli presi
nella schiera di chi combatte così piccini
mentre tu sei salva al manicomio
fa sì che questo teatro struggente
ti righi la vita di pianto.
Tu non potrai mai perdonarmi
un simile lontano omicidio.
per Piero Manni editore
Dedica
Occorre un amore grande
per viverti accanto, amor mio,
e cavalcare un destino
che è come un puledro avverso,
come una macchina astrusa.
E tu vorresti scendere,
guardare pascoli azzurri
e invece il destino bizzarro
sbatacchia le povere ali
e immiserisce l'amore.
Così, quando è sera,
io mi adagio al tuo fianco
come vergine stanca,
nè so cosa tu mi puoi dare,
nè so cos'io voglia dire.
per Salani Editore
Magia nera
Una donna che scrive è troppo sensibile e sensuale,
quali estasi e portenti!
Come se mestrui bimbi e d isole
non fossero abbastanza; come se iettatori pettegoli
e ortaggi non fossero già abbastanza.
Crede di poter prevedere gli astri.
Nell’assenza una scrittrice è una spia.
Amore mio, così son io ragazza.
Un uomo che scrive è troppo colto e cerebrale,
quali fatture e feticci!
Come se emozioni congressi e merci
non fossero abbastanza; come se macchine galeoni
e guerre non fossero già abbastanza.
Con un mobile usato costruisce un albero.
Nell’essenza uno scrittore è un ladro.
Amore mio, tu sei maschio così.
Mai amando noi stessi,
odiando anche le nostre scarpe, i nostri capelli,
ci amiamo preziosa, prezioso.
Le nostre mani sono azzurre e gentili,
gli occhi pieni di tremende confessioni.
Ma quando ci sposiamo
ci abbandonano i figli, disgustati.
Il cibo è troppo e nessuno è restato
a mangiare l’estrosa abbondanza.
a cura di Rosaria Lo Russo, Antonello Satta Centanin e Edoardo Zuccato per Crocetti Editore
![](https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgNYe_OG7hJP3aPgZ7hP55g_eQkHb2iQCOI1zKP22FLuXoCO40-JZ9hpgEAnHy77lhiMtPRW3XF721rzoocceMzOjSPl-HUItQ1f0Wq-NviW9j82EZ5zp-JoGE4KKH-gOEGnr_QGqgqa_g/s400/anne-sexton-1.jpg)
l'icona moderna della poesia confessional
La fine della cosa è sempre morte.
E' lei la mia officina. L'occhio viscido,
fuori dalla tribù di me stessa il mio respiro
scopre che te ne sei andato via. Metto terrore
a chi mi si avvicina. Mi nutro.
Io da sola ogni notte sposo il letto.
Un dito dopo l'altro lei è mia.
Non è così lontana. Mi ci imbatto.
La suono come una campana. Scivolo
nel nido d'amore dove la montavi,
tu che mi prendevi in prestito sul copriletto a fiori.
Io da sola ogni notte sposo il letto.
Prendi ad esempio questa notte, amore:
ogni singola coppia si compone,
su e giù si capovolge solidale,
e il due abbondante sopra piuma e spugna
si inginocchia spingendo, testa a testa.
Io da sola ogni notte sposo il letto
In questo modo schizzo dal mio corpo,
è un irritante miracolo. Ma posso
mettere sullo schermo il mercatino
dei sogni? Mi distendo. Crocifiggo.
Mia piccola susina la chiamavi.
Io da sola ogni notte sposo il letto.
Poi viene la mia rivale occhi neri,
signora delle acque si leva sulla spiaggia,
ha dita vellutate da pianista,
labbra vezzose, voce come un flauto.
E io una scopa con le gambe a X.
Io da sola ogni notte sposo il letto.
Ti prese coime una donna che prende
un vestito d'occasione dal mobile.
Mi spacco come si spacca una pietra.
Ti ridò i libri e gli attrazzi da pesca.
Dice il giornale che ti sei sposato.
Io da sola ogni notte sposo il letto.
I ragazzi stanotte e le ragazze
sono tutt'uno. Aprono le camicie, abbassano
le cerniere, si tolgono le scarpe.
Spengono la luce. Le scintillanti
creature sono colme di menzogne.
Si mangiano l'un l'altra. Sono sazi.
Io da sola ogni notte sposo il letto.
a cura di Rosaria Lo Russo, Antonello Satta Centanin e Edoardo Zuccato per Crocetti Editore
![](https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEggiq1-t1pvpjnvp0w9Vp0ou_WiCRkfvMM3wTxGenXHadNIojSsQ20NIKWKvGubbYq8BZZTUqphvurBCn_3-YQqCSuxrSMUHCJQreydxUP4i89lZrJsYsh2gBQsGNUrw30qvKp_9_cvApU/s400/hartmutnorenbergmu8.jpg)
![](https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj_NVyJw6EPfQn-atcwTE0rgPlA3bpKIv8qvypDzlzEsWjvSEfXTD0XeIseNZhT1AzeTKaZAIAtPYpa12XHLgf39Dr9QksqsYxc4vvXKiEPYs67TpPcCA9hENRr-lQBi4Fh3VIbMYIPL8E/s400/szymborska.jpg)
Polonia: Bnin (Kórnik), luglio 1923
La poiana non ha nulla da rimproverarsi.
I piranha non dubitano della bontà delle proprie azioni.
Il serpente a sonagli si accetta senza riserve.
Uno sciacallo autocritico non esiste.
La locusta, l'alligatore, la trichina e il tafano
vivono come vivono e ne sono contenti.
Il cuore dell'orca pesa cento chili
ma sotto un altro aspetto è leggero.
Non c'è nulla di più animale
della coscienza pulita
sul terzo pianeta del sole.
a cura di Pietro Marchesani per Adelphi Edizioni
La Cipolla
La cipolla è un'altra cosa.ùInteriora non ne ha.
Completamente cipolla
fino alla cipollità.
Cipolluta di fuori,
cipollosa fino al cuore,
potrebbe guardarsi dentro
senza provare timore.
In noi ignoto e selve
di pelle appena coperti,
interni d'inferno,
violenta anatomia,
ma nella cipolla-cipolla,
non visceri ritorti.
Lei più e più volte nuda,
fin nel fondo e così via.
Coerente è la cipolla,
riuscita è la cipolla.
Nell'una ecco sta l'altra,
nella maggiore la minore,
nella seguente la successiva,
cioè la terza e la quarta.
Una centipetra fuga.
Un'eco in coro composta.
La cipolla, d'accordo:
il più bel ventre del mondo.
A propria lode di aureole
da sé si avvolge in tondo.
In noi - grasso, nervi, vene,
muchi e escrezione.
E a noi resta negata
l'idiozia della perfezione.
a cura di Pietro Marchesani per Adelphi Edizioni
![](https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg5aZBt_cH9PuqFHPuKMc5Q7bqT7ZiRZTqAHS8P9QHN0Rq3aKNUMJ13cyZUTniJBKBHk4M3rtQaaReNmed70EZ81aUyiWp0xiC71OBNZ1FwFBcECq3wtmIlwCzWObETidC7HpS1sUCbefY/s400/epasero-nude2~Study-of-Undressing-Posters.jpg)
![](https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg20PYQxNxyy6eFFXGSzaFigoedHMNRy36WzNNm_fAwIv-q33HbNwoIfcWH0RmsdbM_IkP7kVIVp5D7TdIg9JJHi5eScwWoxWbo7u0Fn_WUG0jnM23Fpl3S2AnGsviDCXPitQOJ4Bl9KRI/s400/sylviapraiagrande.jpg)
USA: Boston 1932 – Londra 1963
Ma preferirei essere orizzontale.
Non sono un albero con radici nel suolo
Succhiante minerali e amore materno
Così da poter brillare di foglie a ogni marzo,
Né sono la beltà di un’aiuola
Ultradipinta che susciti gridi di meraviglia,
Senza sapere che presto dovrò perdere i miei petali.
Confronto a me, un albero è immortale
E la cima di un fiore, non alta, ma più clamorosa:
Dell’uno la lunga vita, dell’altra mi manca l’audacia.
Stasera, all’infinitesimo lume delle stelle,
Alberi e fiori hanno sparso i loro freddi profumi.
Ci passo in mezzo, ma nessuno di loro ne fa caso.
A volte io penso che mentre dormo
Forse assomiglio a loro nel modo più perfetto –
Con i miei pensieri andati in nebbia.
Stare sdraiata è per me più naturale.
Allora il cielo e io siamo in aperto colloquio,
E sarò utile il gioco che resto sdraiata per sempre:
Finalmente gli alberi mi toccheranno, i fiori avranno tempo per me.
Tratto da "Lady Lazarus" di SYLVIA PLATH,
a cura di Giovanni Giudice per Arnoldo Mondadori Editore
![](https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh3oVjhIO8EMvreY0rbF6cef-aM6GCIkRekOElp8JPWt34GDPM3FwwLKA3Deo7_Hc72f5xFDtkbAdoW5w3k_R4_A68wZdT0xqi_GxBGFMeG8yW5p5RzQaaXApI7iTmXH0hCu3ambn7vMmE/s400/sylvia6.jpg)
Ariel
Stai nel buio. Poi
L’insostanziale azzurro
Versarsi di vene e distanze.
Leonessa di Dio,
Come in una ci evolviamo,
Perno di calcagni e ginocchi! – La ruga
S’incide e si cancella, sorella
Al bruno arco
Del collo che non possa serrare,
Bacche
Occhiodimoro oscuri
Lanciano ami –
Boccate di un nero dolce sangue,
ombre.
Qualcos’altro
Mi tira su nell’aria –
Cosce, capelli;
Dai miei calcagni si squama.
Bianca
Godiva, mi spoglio –
Morte mani, morte stringente.
E adesso io
Spumeggio al grano, scintillìo di mari.
Il pianto del bambino
Nel muro si liquefa.
E io
Sono la freccia,
La rugiada che vola
Suicida, in una con la spinta
Dentro il rosso
Occhio, cratere del mattino.
Tratto da "Lady Lazarus" di SYLVIA PLATH,
a cura di Giovanni Giudice per Arnoldo Mondadori Editore
![](https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgMsww68zarWRagMJiY34E_bSG-D__uRopQkMY0IchlYY8c_ro1AyuOWuez9cCf-CWvPpAetK5tr0BbOgWOXkQuPAK6YqFMxxvd5xygkqSD0wh_GEi_JjttnXE2MUO0y-w3jPxFwu4Eqa0/s400/Fioridivolutta.jpg)
![](https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhaqD5Hkj2dq3BpxRGNmKK0F-6uRglHawtryG5bmhopPvWliYKRF8clIgIqGane1k9aXeoCeFeyhrHLfWkxbFiiLl6eC6AkKXU3ubeC0Mbnq_gyAHjq6V1ynbPBYX8bdT-l3L0brKbh7EM/s400/unbenannt-1.jpg)
Emimy Dickinson
USA: Amherst1830 - 1886
(211)
Lento discendi, o Paradiso!
Labbra a te non avvezze
timide i tuoi gelsomini delibano,
come vinta l’abbrezza
l’ape che tardi il proprio fiore raggiunse
sussurra intorno al tuo talamo,
conta il nettare – entra,
ed è perduta nei balsami.
Tratto da "Poesie" di EMILY DICKINSON,
a cura di Margherita Guidacci per Fondazione Corriere della Sera
la reclusa geniale
(249)
O frenetiche notti!
Se fossi accanto a te,
queste notti frenetiche sarebbero
la nostra estasi!
Futili i venti
a un cuore in porto:
ha risposto la bussola,
ha risposto la carta.
Vogar nell’Eden!
Ah, il mare!
Se potessi ancorarmi
stanotte in te.
(511)
Se tu venissi in autunno,
io scaccerei l’estate
un po’ con un sorriso ed un po’ con dispetto,
come scaccia una mosca la massaia.
Se fra un anno potessi rivederti,
farei dei miei altrettanti gomitoli
da riporre in cassetti separati,
per timore che i numeri si fondano.
Fosse l’attesa soltanto di secoli,
li conterei sulla mano,
sottraendo fin quando le dita mi cadessero
nella terra di Van Diemen.
Fossi certa che, dopo questa vita,
la tua e la mia venissero,
io questa getterei come una buccia
e prenderei l’eternità.
Ora ignoro l’ampiezza
del tempo che intercorre a separarci,
e mi tortura come un’ape fantasma
che non vuole mostrare il pungiglione.
Tratto da "Poesie" di EMILY DICKINSON,
a cura di Margherita Guidacci per Fondazione Corriere della Sera
![](https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg4d-9C0Awx0fwIivBE2R7M9m3r1I4th0y0T3V_KhYPL1qZq2tnJ7AEugycn0Ly7bhC0XnTVZevCGeYPY-xZgJJNYl0Ela7J7XwBy_hbxzOH6QPewPO6PTslquaB_7sljFsl-54MTTocVM/s400/scandonnamf2.jpg)
" Donna, mistero senza fine bello "
a cura di Silvio Raffo per Newuton
![](https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhUzrpO0bGTbwmqdwxdagvz54eV8sltf11Q4G0wDbYpA0OTUK7YWlLtqYYEt87MCJlOhZzlme9ZkjW_bRm9R3-nsTfnIvsD10CMwK037mOiYU_JuhYDvPm4M4i86aeJm-ccisWjUcQHAcM/s400/Faustina+M.+Z..jpg)
Roma 1680 - 1745
Bacio l'arco e lo strale, bacio il nodo,
in cui sì dolcemente Amor mi strinse,
e bacio le catene in cui mi avvinse,
auree catene onde vie più mi annodo.
E il suo bel foco, e la sua face io lodo,
che a un così puro ardor l'alma costrinse:
soave ardor ch'ogni mia pena estinse,
tal che vivendo io ardo, e ardendo io godo.
Tempo già fu, che in lagrimosi accenti
d'Amor mi dolsi, e non sapea che sono
nunzi del suo piacer pochi tormenti.
Ora al nume immortal chieggo perdono:
e voi tutti obliate i miei tormenti
II
Dov'è dolce mio caro, amato figlio,
il lieto sguardo e la fronte serena?
Ove la bocca di bei vezzi piena
e l'incarnar del grazioso ciglio?
Ahimè, tu manchi sotto il fier periglio,
di crudel morbo, che di vena in vena
ti scorre, e il puro sangue n'avvelena
e già minaccia all'alma il lungo esiglio.
Ah, ch'io ben veggio, io veggio il tuo vicino
ultimo danno e contro il ciel mi lagno,
figlio, del mio, del tuo crudel destino!
E il duol tal del mo pianto al cor fa stagno,
che spesso al tuo bel volto io m'avvicino
e né pur d'una lacrima lo bagno.
![](https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEisxoSHAqNhfGa0VlN2NjE2SQ_hsYXfe8st76kEC0F2wAumyyizULdMY72wj7Eks1HMBF-h50W4OXmKEcyhLzN4GWpXi9YBOU-bAk9w0AfM0XPkWROI0Wrz2Yx9nI6KC_-znOOJRYIc624/s400/Nudo.jpg)
Francia: Lione 1524 - 1566
Deh, s'io potessi vivre fin d'oggi,
domani e sempre, tra le sole braccia
dell'uomo amato, e s'egli mi dicesse
stringendomi al suo petto: <
amiamoci fra noi, ben soddisfatti
l'uno all'altra, senza che più nulla
possa in vita dividerci>
del possesso tra noi, mentre lo tengo
stretto al pari dell'edera e del fusto,
la morte invidiosa ci strappasse
l'uno all'altra per sempre, allora, al colmo
dei nostro amplessi, esalerei lo spirito
mio sulle labbra sue, fino a morirne
d'una felicità che non ha nome.
Sonetto XIV
Finché pianger potrò, rievocando
l'ore passate teco, e la mia voce
finché potrà farsi sentir per entro
nodi di pianto e veli di sospiri,
finché potranno sotto le mie dita
vibrar le corde in lode tua del liuto,
finché l'anima mia avrà sospiri
per Te soltanto, colma di Te solo,
non chiedo di morire. Ma, allorquando
sentirò gli occhi disseccarsi, e rotta
la mia voce ed inerti le mie dita
ne saran rese, e l'anima incapace
d'esprimere l'amore, mi sorprenda
la Morte allora, che mi acciechi appieno!
Sonetto XVII
Io fuggo la città, fuggo le chiese,
ed ogni luogo più familiare,
ond'io venni ispirata a darti lode.
Spettacoli, tornei, musiche e danze
più non riesco, che non han più pregi
senza di te, né fascino. Talché,
cercando io di scamparne,
e di rivolgere il mio sguardo altrove,
e di strapparmi tutta al tuo ricordo,
nel folto mi smarrisco delle selve
per avvedermi, alfine, che, se voglio
liberarmi da Te, non mi rimane
che d'uscir di me stessa e di morirne.
![](https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh_wytiS-7DMfxv2If7OtKwRoCQFS00DuvFCiRshi-s83oQ217ig5-fWELW6n73JcJuGn8ny5rzVt-Zgph9whhOZhxleCo-F4RsdZZWCJoY_1AmfvZZJZ7k2IPxaVuE7_JlUDFQHxfkhWE/s400/Nudo5.jpg)
il mio cavaliere fra le mie braccia,
e che lui si sentisse felice
solo ch'io gli facessi da cuscino,
perch'è lui che mi piace più di quanto
non sia piaciuto Florio a Biancofiore:
io gli concedo il mio cuore e il mio amore,
il mio senno, i miei occhi ela mia vita.
Bell'amico, gentile e valoroso,
quando vi offro il mio potere?
Solo una sera insieme a voi giacere
per farvi dono d'un bacio d'amore!
Sappiate che avrei grande desiderio
di possedervi in luogo di marito,
a condizione che mi promettiate
di fare solamente ciò che dico.
![](https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgI5BB108sO4FyeRQjMFIdZVnTIqLBV5Odjp5rXfm0Y6JvW-JNP6WX4NzpDEsyf38HSLlOO133R6UXmv69VOdAhPxevFw2XyXzzC0VCgaARdM8vfr0NWw69Obd-Kw7qLb6NeUJQbNWcrg8/s400/nudo_artistico.jpg)
Grecia: Isola di Lesbo VII-VI secolo a C.
Intimi contrasti
Non mi pare di sfiorare il cielo.
Non so che stabilire:
due in me sono i pensieri.
…
… coloro che ricevono
il mio bene, sono quelli che
più di tutti mi danneggiano.
…
io ne sono consapevole.
Ma non sono una che porta risentimento,
poiché possiedo un animo tranquillo…
Nel mio dolore che stilla
goccia a goccia
Chi mi rimprovera i venti e gli affanni
possano trascinarselo.
Per me né miele né ape.
Saffo
la moderna più antica della terra
Notturni
Le stelle ai lati della bella luna
nascondono il brillante aspetto
quando piena risplende
sopra la terra intera
argentea
s’immergon la luna
e le Pleiadi.
Mezzanotte, accanto
scorre il tempo,
io dormo sola.
Mi si rivela pari agli dei
costui, che di fronte a te
siede vicino e la dolce tua voce
ascolta
e il lieto sorriso a me veramente
il cuore mi squassa il petto,
lo sguardo di un attimo
m’allenta la voce,
e la lingua si spezza, sottile
ma immediato un fuoco scorre nelle membra
non più vista agli occhi, sibilano
le orecchie,
su di me scorre sudore, un tremito
mi possiede, e di un pallore verdastro
sono, la morte poco manca
che mi appaia.
Non smuovere le labbra.
Vorrei dirti una cosa, ma
mi trattiene il pudore.
Se tu avessi desiderio onesto e bello
e se nel tuo dire la lingua non mescolasse malizia
il pudore non ti abbasserebbe gli occhi, confusi,
ma persuaderesti quindi al giusto.
![](https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgv7ZqMVke1bOrJjOxV_S3Q2RPq74yuzlvNklKKYuUS6eOZIAIf0LsZJHaTzWlGYMXENfI95K8lDY3TvE9BREXEusN80gEs-8F1LwCSweNr9QQoGyCiMvwby4MpStdyf7M0pKh7aRm4W64/s400/venere.jpg)