Nunzio Tria

Nunzio Tria
Io Contro

Unucleo - Nunzio Tria



Enucleo di Nunzio Tria
Campanotto Editore 2004
Prefazione di Carlo Federico Teodoro



Stretto, come un guanto
indosso attillato, un altro giorno
carico dell’istinto del predatore
determinato
identico a tutti gli altri
tutto il giorno

Nella più scomoda delle posizioni
a raccozzare scrigni d’oche selvatiche e giulive
e notizie di certe esperienze falliche
poco condivisibili;
e stravaganti teorie sulla libertà

Metti che fosse facile trovare
le bocche del cielo
e che esili dettagli potessero favorire
il cambio della direzione del vento

Metti che si possano mettere
colline
l’una su l’altra
e che questa riva
sia la deriva per questo mare

Metti che possa farla franca
per aver fatto disinformazione
e che
infine

potessi rompere finestre
con sassi incartati di poesie.

Metti che


___



Tempo fa credevo che
i palloncini colorati
nascessero nei prati verdi, gialli e marroni
e lo zucchero filato fosse
dei pezzi di nuvole caduti
su appositi bastoncini di legno

Che bello! Credevo che
l’uomo dell’organino fosse
una qualche deità, sovrano delle fortune

Ma poi, smontarono la giostra
e la mia macchina rossa col numero 24
non l’ho mai più rivista

E me ne andai, a mille distanze
da qualsiasi cosa, da chiunque
solo!

Ero tutto da rifare
inventare qualcosa che
almeno mi conferisse
un minimo di parvenza umana

E allora, giù:
bocche tette cosce fiche e culi
del magistrale del classico del professionale
dello scientifico e fino all’università;

alla parrucchiera alla procugina
all’operaia alla professoressa
alla catechista alla francese alla tedesca
alla coltivatrice diretta alla signora del lupanare
alla figlia di uno importante a una importante di suo
alle violentatrici di Momo e Gattinara a una che non si può nominare
a una con l’invaginismo
a quella con la vagina prensile…
Ero primo!

Ma non mi riusciva di piangere
Poi ho scritto, scritto, scritto…
lontano mille distanze
da qualsiasi cosa, da chiunque
solo!

Ero primo


___



A maggio ero
fragola sanguinante
puledro smanioso
leggendario

Vacillante tuttavia
nel respiro di cristallo
andavo per mammole e carrube
petulanti corvine
oltre i papaveri alcol
e le margherite psichedeliche

Osavo dove
il fosco ulcera dei rovi
si faceva più minaccioso
e i miei compagni
restavano indietro inorriditi
blatte

Sapevo dell’inviolabilità
di quel luogo dogmatico
di tutti quegli aculei
pronti a conficcarmisi demoni
nel costato

Grevi forme aliene assumevo
via e più
agghiaccianti estasi

Avrei potuto piangere nitido
lacrime oggettive
del mio sangue ricolmare
calici d’altari della misericordia

Ma l’organismo di un piccolo
semidio traslucido
è disadorno di strutture emozionali
non contempla alcun presidio difensivo

Miserabile anelito spasma
di un sogno cromatico sfavillante:
poteva
e può ancora
placare quest’immane strazio cronico
in bianco e nero?

Andavo per mammole e carrube


___



Seduto su uno scoglio
albume in burrasca il mare
osservo la deriva prossima
di un tenebro senza ritorno

e quest’idea d’influsso virtuale
che, al rovescio, m’assedia, mi svelle

Torna in ballo l’anamnesi del fu
l’indagine delle reità a ritroso
ne viene una summa d’inspiegazioni
tormenti

Ogni tentabile riscontro d’altra infelicità
resa tabù

Tra martire e despota, in me
una “roba terza” anela concordia

lustrandomi le ginocchia di lacrime.

Colliquazione cranica


___



Virente semisferico infuriato
d’opinata primavera
ventre gelido pervinca
sprofondo di legni, tesori, morti…
posto d’estive trasgressioni
memorabili suzioni
inspiegabili dissimulazioni

Alle creste minacciose
abbaia, dal colore incerto
un bastardino
Non c’è confronto in questa sfida
Molla cagnolino

Utilmente imbelle, mi tengo a distanza
declinando a un’altra casualità
- Chissà ch’io non viva un evo ancora? -

… Disforico, mi accendo un’altra sigaretta
e inizio a forzar l’inchiostro:

Che idea balzana il mare.

H. 17,45 aprile


___



Dicono che
di là degli alberi
ci sia il mare

Da qui
non lo vedo
dunque,
non c’è

Ma tutti esibiscono
il risultato della sfida
al buco dell’ozono
e salsedine

Alcuni con storie bizzarre
altri, banali
altri ancora, con storie
prodigiose di dominio

Ma tutti sanno di fritto
e putrefazione
vinti da quello che gli tocca
e da un mare che non c’è

Hanno piglio di candido vizio
piedi sgraziati e pance aerofaghe
Procedono goffamente austeri
nei loro indumenti griffati
tra i viali, sotto i pini d’aleppo
con aria zotica d’invincibilità
come se fossero al riparo dai tuoni
dai peccati…
dalla morte

Avverto un senso misto
di molestia e pena
osservandoli
e vorrei essere altrove:

nella casa dei delfini, magari
o con te
a fluttuare tra i petali di luce
Comunque via!
da questo enorme inganno

da quello che ci tocca

e da un mare che non c’è.

Torrida notte d’estate


___



Suoni irlandesi
il mio plesso solare invadono
e s’irradiano caldi e laceranti
nei budelli

I pensieri
sulle incertezze
cangurano nella testa
senza posa
eternando deroghe imbelli

Fisso l’insidiante
“Nuoce gravemente alla salute”
sul pacchetto del monopolio di Stato
delle macchie di sugo sulla camicia
e realizzo la generale carenza di virtuosità

D’incanto abbisogna una rimozione recessiva
della sbobba cranica
o un risveglio in una vita
più spettante.

Delle macchie di sugo sulla camicia


___



Un oboe sanguina a riva
una melodia ancestrale

E’ così che inizia il sogno

(Tra)guardo dal canneto
il lago di Winnibigoshish
Macabri Mammutones del Minnesota
implorano l’apparizione delle vulve ululanti

Si trasforma, in un illogico midollo
indaco-cremisi luminescente, l’acqua
Sortilegio! Sono nudo ora:
impatibile goffo flatulente

Metaforico l’intorno
in cupo terreno gommoso semovente
Una pletora d’incantevoli fanciulle
dai corpi sublimemente traslucidi
m’asserraglia e

sino all’inverosimile inarcati
così, che bene i pubi s’evidenzino
s’avvia turpissima una danza

Raggelante diafanità
di spalancate vagine a urlo
assordanti
turbinano minacciose a vertigine
… Unico scampo: la morte

Propiziamente in tempo dissonnato
sottratto a una stomachevole sorte
adesso, giubilante rifiato

Ma
nessuno cui possa far morire
in vece mia.

Cene pesanti notturne


___



So solo che vorrei
che nessuno morisse
specie in questa notte a Oriente

Notte su una strada in montata
che tira dritto nella luna
Di continuo deglutire avanzi di cuore
che rigurgitano in gola
Di luci in lontananza
vere, non come le stelle
lungo la costa desolata

Notte che il mare
disciolto al cielo fondo
finge di non vedermi
“omissioni reciproche”
Fingo anch’io
di non vedere lui
e me stesso

Notte in cui
tirar dritto nel baratro
potrebbe dar d’eroico.

Notte a Oriente


___



Danzami sui toasts
infinito embargo del sole

Domani vado in Messico
così,
anche se non c’entra nulla

Mi sorridi nella tazza del latte
e il latte sei tu

Considero le diverse modalità d’impiego
del coltello insanguinato di confettura
Dio,
il pane amaro
e altre cose a pois
che proprio non capisco

Vitamina C & psicanalisi
per dimenticare quest’estate
che non è stata un granché
e tutte le altre cose

Prometto alla cellula morta
-per due metà d’uovo sodo-
al burro, ai biscotti, al caffè,
al contenuto di questo pigiama
che tornerò come nuovo
sennò…
che si fottano tutti.

Domani vado in Messico



___



Ciccio, magnete

Sorriso dimesso
maestoso
venerato
Venerando dolore
avversato

Ci si mette anche il sole
a non esserci

Meno positivo
nel senso di
meno positivo netto!

Derubamenti
sprechi
pulpiti
Terremoto in India, fatiche d’amore
e articolari

Nevica al protocollo:
ciarlagini
balzelli, pedaggi, capocci &
vario merdume;
parenti
e cicorie da comprare

In più
il micio di Molly
è spirato tragico
tra i fili dello stenditoio

alle 8 in punto

Cicco, anarcoide
autocoatto
ostinato sottrarsi all’avere
Silenzi roboanti

Orrore! per uomini
&
uomini
che deflorano mamme
nelle automobili
in malefiche periferie
feroci

Immanenza, cerebralismo
& materia
confondersi, confluire
confliggere
farsi chimerico ballo
circa bello
sul ballatoio
intorno a un piolo fantastico
per divenire gravame cosmico
insostenibile nel tempo

Ciccio
soave meringa
naufrago
del piscio dei barracuda
Nume tutelare imperturbato
indifeso
Prodigo dispensatore
di soluzioni altrui
e del creato
teme l’affondo in sé
obiettando l’amor-lato
in strazianti disgiungimenti

Sul dilemma:
genitore della madre
progenie del figlio
aggomitolato
Creatura astrale patibonda
delicatissimo

Ciccio
sapere d’umore colposo
e quel suo naturale disappunto
per la morte…

imperituro
vibra.

Ciccio


___



Un giorno m’invento pittore
uno candela, cacciavite…

Un altro glossario, aminoacido
e ancora elisir, madre, capro
suicida…
senza conseguirne
successo alcuno, mai!

E’ un immane travaglio
questa vita che sgrana
frenetica come un rosario
nelle mani di un chi,
ancora da stabilire

Comunque, non equo

…E dieci undici dodici
tredici quattordici quindici
sedici diciassette diciotto
diciannove venti ventuno
e ventidue ventitrè ventiquattro venticinque ventisette
ventotto ventinove e…

3000


___



I giorni s’affrettano rapidi!
Come per paura d’esser presi

Così veloce è stato oggi
ch’è già passato ottobre
e io
ce l’ho tanto con Talete

Dove andranno mai così di furia
dove si nascondono?
Chi di loro ha preso le mie mucose gastriche
i miei capelli, le mie cartilagini
le mie figurine?

Sarà stato un martedì o un sabato
o qualche giorno altro che, a sorpresa, ZAC!
Ecco una verruca sul culo
o via un dente

Pare che molti di loro prediligano
svellere protoni, neutroni, elettroni…
Altri, trafugare sogni

Quindicimilaseicentotrenta circa
a far bisboccia del mio bottino
chissà dove?

Ignobili!

I giorni



___


Ma una mattina inferirò
con insolita gioia
un duro colpo alle mie congenite inclinazioni

Uscirò da casa
entrerò nel giorno
prenderò il sole, la brezza e il mio sorriso
e insieme
andremo a fare colazione al bar

Lieto di constatare che il mondo
non avrà da muovermi più alcun appunto;
che il cielo, la salute e i miei amori
non saranno più causa di apprensioni rilevanti

Che, tuttavia, il tutto apparirà
meno truculento
meno angoscioso…

…meno

Procederò, quindi, verso la collina
mi distenderò sull’erba
abbandonerò nelle terra, dalla bocca
pensieri impropri
degeneranti
e parole caustiche di resa

Tenterò l’affondo assoluto
-di circolarmi dentro-
per sentire l’immenso
delle situazioni minime

almeno una volta.

Una mattina


___



Sono pronto.
Stanotte mi sento splendido
necessario alla morte

Un cielo blu bigotto
di un nero petulante
si blocca a un filo
dalla mia curiosa ombra tridimensionale

a scoprire visioni
talenti latenti
dignità danzanti
Delirio!

Bambino mio,
fiore cosmico
piccolo tesoro disidratato,
sarebbe magico se non fosse
semplicemente dolore
Assedio!

Dispiego colonne d’oblio
scudi di silenzio
ritrazioni
noccioline
coni gelato… astenia
…sbadigli

sigarette…

Sono pronto


___



Dico solo che…
D’accordo, sarà che noi
si faccia parte di un grande disegno
straordinario, inestricabile:
precedere la placenta,
assicurare la sopravvivenza
della specie,
divenire in guerriglia una folla
alla periferia di sé,
stabilire persino il defungere…

Ma dove vanno i sogni?
E quel bambino della foto
con l’odore di battaglia e la pipa in bocca
dov’è adesso?

Forse c’è del patologico
in tutto questo meccanismo macchinoso
fumo
e parecchio svirgolate.

Dico solo che…


___



Notti fa avevo chiare intenzioni botaniche
ma, ignorando le distinzioni tra la flora
ripiegai su un certo grigio-marrone
di una vecchia baldracca alzheimeriana
in un tragico letto d’ospedale

Scotte e annerite, le grandi labbra
come trippa putrida in un canile vuoto,
sconfitte da molteplici e più scambi d’abissi
la cri ma va no

…E poi, si sa:
i pensieri son come le ciliegie;
nella mia fattispecie
abbastanza marci
Non si tirano mai l’un l’altro gioiosi
in un ordine logico, razionale. Anche
politicamente scorretti sono

Mi chiedo:
Quale follia genera la difficoltà di
mettere le cose nella loro giusta prospettiva?

Vorrei avervi qui, TUTTI
per stabilire se questo è dovuto
all’assenza dell’anticiclone della Azzorre
o è semplicemente
puro stato di grazia
di una notte uterina?

Abbastanza marci


___



Io
ora
sono
plurale

Punto Mistero Trappola

Urgenza di un soffio
nel soffoco immancabile

In un adesso continuo
a margine del giorno
mi faccio tuo

Che vengano pure, poi:
cani ventriloqui
dame alga
gesuiti fax
robots liquidi
l’ipocondria…

Però,
pure la pioggia

e arcobaleni.

Che scemo


___



Sei tutto all’esterno
e questo è male

Ascoltati. Circola in te

Non aver paura di riportare
il fiume alla neve
il pane alla terra
la carne al seme

Non aver paura
di rifare la fatica

Non aver paura
d’aver paura

Donati al tuo dono
mettici qualcosa di buono
mettici qualcosa di santo
mettici qualcosa di tuo

Mostrami come si fa,
io non ci riesco.

Ascoltati


___



Ho associato, per 2/3 della notte
il suicidio al samba
mettendo in serio pericolo
il baricentro, da steso

Il buio, è una sorta di
coscienza chiara,
giudica
rampogna
insinua: Vietato fumare…
e toccarsi lì.

Rimena possibilità remote
antichi strazi e afflizioni
per un giorno che sta
per violarmi gli spifferi

Nell’ultimo terzo ho pensato che
forse
la vita
è una breve premessa
a un qualcos’altro;
il resto…

ben zuccherato, grazie!

C’è altro oltre?


___



Per l’uso improprio delle parole
non dette

Per le cose che vanno nell’esatta
direzione opposta

Per come entriamo nell’esistenza
e per come ne usciamo

Per la nostra incapacità di stare
in piedi
Per la nostra incapacità di stare
a terra
Per la nostra incapacità
di stare

Per tutti quelli che hanno un sogno
e per tutti quelli che non ce l’hanno
Per i secondi, che ostacolano i primi
Per dindirindina!

Per la piega malinconica
che ha preso questa nottata

Per la disubbidienza
alle prescrizioni mediche
Per i 14 cadaverini
nei sotterranei del convento di clausura
Per le 280 sigarette settimanali

Per Dio, come ti amo

Per come albeggia in Tanzania
Per averti procurato dolore
Per le infiltrazioni istituzionali nella mafia

Per come è bello guardarti dormire

Per le banche e i supermercati chiusi… chiese… case..
e i riccioli fuxia di parrucche di carnevale
e calze a rete smagliate
competitività
ragnatele
sindacati
fard e pessimo vino
pollivendoli e pentolai dagli effetti speciali
globalizzazione e tamburi tribali
e nodi scorsoi e nano Curie
e spari e stelle filanti e coriandoli su questo rancido mondo suicida e…

per
come
mi
sento
IDIOTA
nella
luce
fioca
di
una
candela

Per aver messo il dito nella presa della pastiglia

Per averti sottratta al corso per infermiera
e portata all’inferno

Per non aver vinto il premio bontà, nel ‘69

Per le tue carni vincenti
sulla forza di gravità

Per queste mie frequenti dissociazioni: mongolfiere crotali e
schiuma di polpo
infibulazione
tetano
mangrovie
acqua pesante
organi roventi
sovraesposizione e concetti geriatrici
dissipazione di cuore di mamma dietro un armadio alle 2 di notte
mentre la città dorme sogna sta male scopa e muore
sotto una pioggia insistente

Per l’autoerotismo di gruppo, in soffitta
con gechi e scarafaggi smarriti

Per come saranno decomposti, mio padre
tuo padre e i padri dei nostri padri
e tutti i morti viventi…

E anch’io, sto un po’ da schifo

Per come ti muovi al buio
e fai pipì nella notte
senza il minimo rumore

Per Pasqualino & Terry
sgozzati nel retro di una macelleria
alla vigilia della festa patronale

Per come sei pane, ossigeno
e tanti deliziosi giuochini top secret

Per i miei lividi dentro

Per tutta quella gente promossa a Santo
ma qui, pare che
la situazione stia senza rimedio precipitando

Per come, in silenzio
sanguinavi del mio smarrimento

Per la mia fottuta voglia di scrive a… Rita Onnuzi
e al sangue remoto
al barbone sulla panchina del parco
a Celine e a quell’angelo bastardo di Hank
alle merendine O.G.M. negli zaini delle generazioni future
ai soggetti orali a quelli anali e agli ermafroditi
alle vaghe donne che dicono il rosario sull’orlo dell’abisso
ai rapitori di arcobaleni
ai cosmonauti che non hanno fatto più ritorno
a rollerina e ai rappers di Chicago
e ai miei figli che si accingono al volo
alla neve sul davanzale
alla barriera corallina e al vento nel deserto
ai seguaci di diamballa
ai citofoni di una qualsiasi città dell’Indocina
e a quanti sperano
che tutto
non sia tutto qui…

e
alla
colonna
di
formiche
che
scompare
in
un
piccolissimo
buco
ai
piedi
di
un
fiore.

Per dindirindina!



___



Stop! Débàgle
Crolla indosso

nei chacra, nei vicoli
a pagina 45
circolarmente

Se non bastante, m’attiro raggiri
artrosi, trafitture, brighe
un tantino di kitsch glamour…
et voilà!
Eccomi sul secrétaire
d’un’impaga massaia canicolare

Pagine e carne di fronte
due poca cosa a confronto

Mi desse fuoco almeno, no!
Mi stazzona tra le gambe e la gnocca
e mi spagina via…

Quindi, in cucina: bourghignon
en petite tenue, capezzoli fumanti;
ingoia cognac atomica
telefona elettrica al lattaio

… grovigli, latrati, spropositi

abluzioni.

Per un libro mai scritto


___



Volevo cadere

come casualità

ovunque


Spegnere, fecondare Marte

e ricominciare


Ammansire confessioni, asteroidi,

calamità, influenze astrali ostili

e di più,

solo

per piacerVi.

… per esempio


___



Arduo il tentativo del pesce lesso-sguardo

Tutto andrà in rapida putrescenza
Sconsiderato il gesto apneico

Istanti precomatosi color malva rigido-follia

E la mente si concentra sulle sventatezze:
Che ne sarà dell’ape regina
e del suo terzo figlio, avuto
forse
dal ballerino di mazurca
nel cesso?

Insinuo me
standomi di fronte
come se tutto fosse il mondo
e niente lo sfondo
maledizione!

Andromeda e io
contromano
verso il bacio deflagrante
Padre di tutti gli orgasmi

E la cortese discrezione di Dio,
che non distenebra
non sussidia
non protegge,
m’incollerisce un po’

Ancora un attimo
-inevitabile collisione-
il coma ha i minuti contati!

Nessuna contropartita
niente che tenga
neanche l’ubbìa della metempsicosi
l’odore tuo d’animale
la forfora che scompare
un frappé cosparso sulle tue geometrie erogene
la tua superba oralità
e le mie dita asperse del tuo sollucchero

una sigaretta, un caffè
con un accenno di crepuscolo
riflesso sul cucchiaino

neanche!

Piove e sanguino


___



Ho tormentato fiamme di mille candele
parlando ad altrettante notti all’inconsulto
da solo, col muro, col mare… con Dio

Ho corroso alluci, talloni
impronte digitali, esofago, fogli, respiri
inseguendo la linea e l’elicoidale del fumo
sperando con esso di rarefarmi
Mille volte da te ho preso commiato, amor mio
dormivi

Cosce lisce. Silent. Bianche bisce
Pelo in gola di brace (Obnubilato)
Pile di fogli di sbaraglio (Tribolato)
Ritmo del bisturi partigiano (Frodato)
Oh che bel garbuglio! Pessimo lascito scorso
Ecco i segni del sisma, qui, somatizzato
nella cavità del torso

Derisorio, esatto, perseguitante il giorno
con la sua pelle luminosa, bello
a snidarti tra i lenzuoli di percalle
e aspergerti il suo panico puntuale
Evento rapido usurpante, perfido
artiglia la notte e la ingolla, la fotte

Obbliga la ragione insulsa
reclama la forma, l’omologo, l’adulterato
occulta gli inganni, gli strazi, gli amanti
vincola al maturo posticcio, alla scelta dissimulante
oblitera finanche l’onirico

Pertinace la sua collina, statica
persino ad oppilarmi quel micro d’estasi del mare
Finestra-video-kitsch

Coi suoi bipedi balordi, tra le nuvole basse
al dop’alba, in corsa, che s’avviano a mimare
un’inesistente esistenza

T’affretta per tutto il suo tempo,
-e tu (trito di palle) non sei mai in tempo-
coi suoi cronometri, i suoi almanacchi
i suoi veleni i suoi intrighi, i suoi calappi;
con le sue campane, le sue trame, le sue puttane…
Abiezioni plurime quotidiane

Ti prepara il varco già fuori la porta
con tagliole, insidie, supplizi, sudiciume
tossicità

E tu
vorresti solo tornare a letto
averla ancora nella mano
berla ancora…

e continuare con fette biscottate, burro
marmellata di mirtilli e mammelle.

Mentre il telefono continua a squillare


___



Sagoma confusa
nell’albugine d’ottobre
a fare il conto delle donne

Sono duplice

E non ricordiamo
i giri del pallottoliere
i nomi, le scene

E’ stato così doloroso

Volti che non tornano
Passioni unilaterali
archiviate ipso facto
Chissà se sono al calduccio ora?

E’ tutto così perso

Ci sovrapponiamo
in un unico profilo
più verosimile
più percettibile
più disegnato da un’ancestrale tormento

Sono fatto d’utero e irriverenza.

I nomi, le scene


___



Non c’è verso di farla uscire
Questa notte, non viene

Pensavo di avercela tutta qui
dentro
E invece, eccola lì
fuori

che, inverso, mi entra
piano piano
scarnendo inesorabile
parola a parola

La prima è GRANDUOMO
che si piazza in piena fronte
-e il senso non è certo letterale
neanche a forzarla- come un
proiettile esplosivo che assolve
appieno il suo compito devastante

La seconda è MERITO
Dritta nel pomo d’Adamo
come una lama da scherma
precisissima
Quale merito?

La terza è META’
Fiocina da pesca d’altura
in pieno esofago
Metà: contraddizione per antonomasia
diplomazia somatizzante
Qualsivoglia cosa, divisa a metà
-esitanza perturbante-
è una non cosa

La quarta, sarebbe Dio:
tra le parole, parola più alta
Non sono mai apparso
a questa parola
ed essa, si guarda bene
dall’apparire a me
Fascio di magma incandescente
dal pancreas alla milza all’inguine e
più giù
all’origine dell’esito
di tutto questo orrore
Dio buono in ogni tempo
in ogni luogo
alibi per ogni forza
e smarrimento

Ecco una sequela di parole
parole…
Parole oltraggiose, mortificanti
ultimative
scagliate da non so chi
o cosa
da ogni direzione. Plotoni
di parole

E’ un lampante attacco concentrico
un’esecuzione sommaria intenzionale
a mezzo vocaboli:
uniche armi oltremodo efficaci
con consonanti a coppie, le più letali

L’ultima è PASSATO
Tritacarne a cubitali
Tuono del fuoco sacro congenito
Scaturigine della deflagrazione ciclica
Passato, che non vuole passare…

Ma
adesso
ho te
che mi indichi la direzione del mare.

Parola a parola


___



Con le spalle curve
sotto una serata che
le montagne organizzano l’inverno

…e tutti
e tutto
sembra un pecorame indignitoso
vago…

Povera Luigina, tisica e insonne
molestata dai nostri vengo! a catena
E le risa, poi, in bagno
dolcissimo miele… squaw!
Miele dolcissimo fino a giorno

Sole ortogonale, uova alla coque
prosciutto di un tal santo. Nudi,
a brindare ottimo porto
e io che fingevo di morire

Che balengo! dicesti, magica
ballando su briciole di pane
e frutta evocativa

Saremmo rimasti lì
ancora un attimo
un altro millennio

fino al fondersi della casa.

Vago


___



Tu,
che non ci trovi nulla di magico
nell’aspettare l’alba marina
con me, sotto l’asciugamani

Che quando c’è una notte così
la smonti con la bolletta della luce
scaduta da quattro giorni

Che quando ti proclamo
miglior culo di Puglia e Piemonte
vorresti telefonare alla neuro

Che quando sono preda di
invereconde vasodilatazioni
a causa del tuo sorriso, non la bevi

Che non approvi la mia visione
del mondo, dell’amore, del sesso
e mi dichiari svitato

Tu,
col tuo piglio assertivo
il tuo pragmatismo domestico
la tua austerità muliebre,

hai reso la mia esistenza
più sopportabile.

Non cambiare


___



Che poi, è difficile
conversare di poesia
da seminudi
Stabilire liriche, madrigali
Chi i cantori, chi i bietoloni

Vibra l’aria, pregna di noi
sbatacchiati in questa vita
che non volevamo
gratuita
indebita
faticosa!
Con un passato che
per nulla meritiamo

Ma stasera voglio perdermi
tra le crespe dell’arriccio del tuo naso
nel tuo sarago sotto sale
nel sommo tuo pianto orgasmico

Trasbordare queste gambe, queste spalle
quest’incantevole piglio e il tuo dentro
dentro di me, se vuoi?

E che pazientino pure
sino alla di noi integra rifusione
poeti, prosatori e viventi tutti

noi
siamo altrove.

Se vuoi?


___



Darei tutte le cose
cui tengo di più
e rinuncerei a tutte le altre
cui anelo ancora

per sapere come fai
a creare dei colori così
nei tramonti e nelle acque?

Come fai
a perpetuare l’ubertà dei fiori e delle terre?

Come fai a fare stelle
e occhi così
che mi commuovono?

Come hai fatto a fare tutto
e UNA così,

che mi perdo?

Un biglietto per parlare con Dio


___



Bello
slalomando tra i ciliegi
violoncello
Rincorri opossum
mangiando lardo e schnapps, nuda

Vorrei tanto battermi
col pulviscolo atmosferico
talché nemmanco ti lambisse

Bello
Sudore sul pavimento
La persiana in rosa sgangherata
ti zebra fasce di cielo oro-figodindia

Voglia di abbattere i muri
perché, tutti
e lo ripeto:
ti vedessero, ti palpassero

Bello
Guizzi tra l’argento
nel cono di luna sull’acqua
ti tocchi dove m’imbabbeisce…

Adesso, vieni
ho rinunciato all’idea del suicidio
accoglimi nelle vene del tuo collo
intanto che godi
e risorgerti meglio

Bello
Lassù, egli ha deciso
di lasciarsi andare, stanotte

Orgiano pianeti a grappoli
e stelle

e buchi neri

e santi

e così via…

Della confusione


___



Un lago
Noi,
due cappelli di paglia

a pescare lattine e nuvolette
e scambiarle con una sbirciatina
sotto le tue sottane

Mi piaci tanto, perché
ti piacciono tanto i tramonti
e parli tanto alle piante
e mi stai a sentire

Noi, che ci diciamo
quasi tutto
e balliamo perfetti
potremmo darci ad altre occupazioni
adesso

Sono stanco di remare
fermiamoci in questo blu.

E mi stai a sentire


___



Era così insolito, inverosimile
irriguardoso, forse
ma così anima(le), così adulto.

Considerato!
Fino alle lacrime,
conteso!

Colpire gli Dei sotto la cintura
soverchiare le loro bieche trame
su di me.
Un’epica sfida: quelle irruzioni
nelle reciproche carni,
quelle emulsioni, di sangue e
liquidi altri, notturne a Dehli
sullo Yamuna.

Il vicendevole bersi in circospette
pratiche orali, tra i castelli della Loira.
Quelle persistenti sfrenatezze d’Egitto
dove apprendemmo la differenza tra
cammello e dromedario, fellatio e
cunnilingus.

Taurini, poi, davanti all’Oceano,
nei tramonti dell’Algarve e nei
colori di Spagna, svettavamo i sessi
in altri cimenti…
Vida por los ojos

Irriguardoso, forse
ma così anima(le), così adulto.
Considerato!
Fino alle lacrime,
salvato!

Pelle d’oca, al buio, per le distanze
o di un brusco destarsi.
Mio imprescindibile amore
tanto da esigere fiori d’arancio e propositi riproduttivi
riproduttivi
riproduttivi
riproduttivi

… mi hai figliato
costellazioni.

Breve storia di un lungo viaggio


___



Impossibilità
di seta
sul tuo corpo, e di perle…

Di poterti donare un roseto
anche se minuscolo, e un massaggio ayurvedico

Di sbendarti in Nepal, su un risciò
far shopping d’essenze, e di una cavigliera d’oro e ambra

Di nascondermi nei mercatini
spiare la tua tenera agitazione
e riapparire con un fiore di iuta

Di offrirti un tocco di Tibet
dove, in pace santa
poterti solleticare la pianta dei piedi

Di concepire un’idea
non necessariamente geniale
che riesca ad imbroccare
gli errori dei miei labirinti

e poterti conservare luce.

Sbendarti in Nepal



___



Aloa, cucciolo
paese delle meraviglie
I piedi sono il tuo debole
la tua forza. E’ già inverno
mettiti le scarpe

Sto per centrare
i tuoi funzionamenti
Sono quasi all’ultima frontiera
della montagna del sogno

Buona giornata
e buon cammino a te

con gli ultimi strati
di cipolla, con l’uso
meno frequente di
aggettivi qualificativi

Buon lavoro
con gli eccessi verbali
in riduzione

Cogli il beneficio di queste
positività inaspettate

Notte serena.

Sorrisi


___



Cosmica assertrice d’utopie possibili
sospesa
conscia
nel vuoto
a guisa di guerrigliera dello starci

Caduta a brandelli
con quella sacca di fiele
colma d’orme d’algie

Piccata alla smania dell’esanzionante salto
per divenire araba fenice ancora
ancora più bella

mio nutrimento.

Salto


___



Chiudi gli occhi, mia sciamana
abbiamo sanguinato da Cristo
per secoli, nelle imboscate e crolli

dalle latitudini al pianerottolo
il Male ha indossato vesti forbite
tante, quante le nostre ferite
Lubrico belvario

Il drago piumato, alato
è indotto a dissenteria, jellato
non noi all’inginocchiatoio
Polistirenici coccodrilli colano
lacrime di dentro
Propinqui all’implosione idrenica
per noi, che si vola sull’ottovana

Dormi sul mio petto

tuo sciamano.

Sciamani di noi


___



Ossessa scansione
a perdere
lungo queste distanze
tra astrazioni e scadenze

In ogni tempo, lì lì
a un passo da tutto
e da niete

Sarei stanco!

Mai non vero, però
da sempre
e in più, ora
completamente nudo

grondo di zavorre
e di mosche
a pieni pugni
davanti a te

aspettando un bacio.

Sarei stanco


___



Il sapere ha una precisa funzione: dimostrarlo
E da ciò, ne deriverebbe il potere. Magnifico!

Allora, grazie di non sapere
cose che non so
compreso che oggi è Pasqua
Anonima mattina di normale bruxismo
… negazione del mite

Sembra basilare l’odierno quesito: Quale
utilità, per l’esistenza, offrono l’uovo di
struzzo e il Punto G?

Quello che so di certo è, che
uno dei due organismi è monocellulare
l’altro no!

E così, lo sviluppo della mia soggettività
è palesemente compromesso

La conoscenza meno che approssimata
degli argomenti in esame
m’infligge un oggettivo detrimento
esistenziale.

Ma se lo struzzo ficca sempre la testa
dentro la sabbia
e tu, sempre nei tuoi ricordi, nei tuoi
dolori, nei tuoi segreti…

allora, grazie davvero
di non sapere cose che non so
compreso il tuo Punto G
e che oggi è Pasqua. Accidenti!

Quasi metafora


___



Ho visto rotolare sull’asfalto
in una foglia
l’estate

In affanno, sgomenta
schivare tacchi di donne autunnali
perfettamente depilate –ruote,
carretti, camions, cingoli… astronavi-

Canzoni nella stanza necessaria
tra le nuvole –nutrirsi di sole,
seme, saliva- Tutto il cielo nel
buco della serratura. Meglio dei
tempi dell’incanto, quando bastava
aprire la porta per impadronirsi
del mondo. Libero! Dio era secondario.

I muscoli delle cosce sono di roccia fusa
alle tue di puro velluto
Alleati del mare e degli anticorpi
spariamo gioia a vista. Sfavillanti

Abbiamo invertito il senso del peccato
Pecca chi non s’ama

E questa volta
non ci lasceremo far bruciare
Dunque,
preludio a non rinunciare.

Nata da una foglia in pericolo



___



Io vi parlo di un a notte
cui nessun congegno
può rilevarne il tempo,
simile a un porta bon bon
pieno di mosche cotte
sotto una lampada al neon

Io vi parlo di un passato
cui nessuna memoria
può tradirne il senso,
simile a un pupo di latta
sbalzellato a calcioni
tra luridi fiori di carta

Vi parlo di una sigaretta
di lacrime e domande
fumate in fretta
dell’eskimo a brandelli
gli adorati guru
e le dottrine ribelli

Io vi parlo di una donna
cui nessuna dea
può recarle danno
simile a un bunker di caramello
tra diurna broda d’uggia
e lenzuoli di duello

Io vi parlo di una vita
cui nessun uomo
può mancarne il fato
Di una morte
asserirne il lampo
Di un Dio
averne il provato.

Vi parlo D’io


___



Ciascuno sepolto pressoché da simili sovrastrutture
Vittime spontanee di logiche vittimistiche
Sofferenza di culture della sofferenza
Sguardi e capezzoli e fughe, rimpianti
e giochi così naturali, da averne paura e rinunciare

Di tutte le genìe, nessun occhio è sereno
Ciascuno è dedito all’implorazione dell’indulto
dopo aver smarrito ogni traccia di sé
in cento chiese

Li osservo agire, tramare
Ciascuno, martire del proprio agguato, adirarsi
e guerreggiare
e produrre grandi esplosioni, deserti,
inanimità…

E io sono nudo, accanto a te
nuda nel buio

che vuoi che metta un disco.

Nuda riflessione



___



Chiamami
Chiamami forte
perché io possa sentirti

Chiamami stella, drago, fontana
Chiamami ombrello, nella furia, in volo
Chiamami nello sprofondo, capricorno, respirando
Chiamami

Chiamami in pantofole, al mare, di notte
Chiamami nella nebbia, al dovere, piccolo
Chiamami al telefono, Vangelis, imbranato
Chiamami

Chiamami mentre parlo di composizione, del Burkina Faso, mentre mi rado, mentre mi danneggio, Chiamami!

Chiamami quando il vento ti scopre le gambe, quando nevica, quando prepari frittelle, quando hai voglia, Chiamami!

Chiamami
Chiamami in disparte, rivelami l’arcano e baciami
Chiamami nuda, al talamo d’amore uccidimi

Chiamami

Chiamami forte
perché io possa sentirti

Chiamami perché sia subito poesia

perché io
non sia mai poeta.

Chiamami


___



In tiro l’addome
bella smorfia
di morso di labbra
per l’affondo

Rivolo di miele dal creato
Vibratilità
da oscurare la luna

Vorrei urlare qualcosa
ad ogni spinta/colpo
e dare l’anima
per quello che stai pensando

Cellule, fusione totale
massimi turgori
Aneliti e silenzi che precedono
il compiersi del miracolo…

Esplode il volo…!

Bella smorfia


___



Dimmi cosa vuoi che ti faccia
adesso?
Cosa preferisci?

No! Non dire sempre
che va bene così,
che così non è.

Dove vuoi che ti tocchi, ora?
Cosa vorresti sentirti dire?

Fammi capire se ti va una sconcezza
adesso?
Cosa agogni? Parla!

Non posso traslare i tuoi
silenti ansimi,
codificare il tuo svelto palpebrìo,
i tremori;
dunque, parla! Scombinami.

Non posso esser più
di quel che sono
e col tempo, lo sarò sempre meno.

Ti prego, adesso, parla!
Aiuta il mio incedere
a non deluderti

Vedrai, io, poi
posso rimediarti
oceani verdi calmi
suoni della foresta al mattino

e giochi di carta
che possiamo colorare
insieme.

Adesso parla


___



Ho riposto nei tuoi occhi,
faro propizio al mio naufragio
luce incorante allo scampo degli accessi
di questo mare turbinoso e salato,
l’assegnamento dell’ormeggio
alla costa sicura

Nella tua bocca, al bacio di resurrezione
ho riposto la fede di un recesso terapico
e protettivo

Sui tuoi seni d’eterna pubescenza
ho riposto la promessa
al senso tuo di generatività
a ripago del mio scompenso materno

E sul ventre tuo immortale
ho riposto il felice presagio
dell’invocato abbandono alla vita.

Per sempre


___



4 eterni giorni d’afa
in mutande
mari invitanti, astrusi laghi, montagne intriganti

Maledetto tubo catodico:
una sequela di fresca licenziosità.

700 milligrammi di morniflumato
tra la Florida e il Madagascar,
per via anale
e
1148 di amoxicillina triidrato
tra Santorini e the tropical forest,
a deglutizione diretta.

Simplex: tradimento ciclico;
inspiegabile complicità dei
gangli spinali.

Mi trasformo, sudo, sogno… Autocombustione!

Non devo lamentarmi,
ho fatto un corso di dinamica mentale
dunque, so come reagire.

Nel caso, non dovessi farcela,
tu
non tener conto di questo Ti amo.

Colpo d’aria


___



Librarsi sembrava inebriante
e così, volavo
cercando sofistico d’eludermi

Aleggiavo alto, inespugnabile
al di sopra d’ogni miseria
d’ogni soggettività
al di sopra d’ogni veleno

Ma questa è un’altra storia…

Adesso, la novità di rilievo è
che il cielo è caduto!
Alle 7 di sera

Catastrofe senza fragore
tuttavia, definitiva
senz’appello
precipitato

Lasciandomi con tutte queste nuvole
in mano, che non so dove appendere

E la testa come pestata
da un batacchio di campana
Il cuore come compresso
su un letto di fachiro

E tutto il resto, duole anch’esso
dalle labbra al poro più discosto
Finanche il cazzo, strambo
a fitte mi dà tormento
ma, io
non mi lamento.

La novità


___



Cara,
un organismo cellulare complesso
è fatto apposta per non funzionare
se non alimentato da fonti esterne

Un po’, come i telefonini
un po’, come il mondo
un po’, come noi

L’autoriproduzione energetica
è un’eresia conclamata!

Non ricordo, se t’ho mai detto
che hai un culo stupendo
o è così, perché t’adoro

In ogni caso, adesso
ho rimediato
Ma resta sempre l’imo desiderio
di violarlo

Sai, non è molto edificante
aspettare che lo facciano
gli ascaridi, i lombrichi, gli anellidi…
Ogni culo è atteso, pressoché
dalla stessa fine

Ho acceso candele bianche
arancioni, blu
verdi candele
ed ho rinviato sine die
il mio colpo di stato
Questo 2001° inverno
non presenta sostanziali differenze
dagli altri
Piove acqua e disperazione
dappertutto, come sempre

Gli uomini,
fatte salve le dovute eccezioni
hanno sempre gli occhi spenti

Le donne,
salvate anche qui le eccezioni di dovere
sono sempre prede della sindrome del
principe azzurro

Dunque, niente di nuovo.
A parte, un diffuso delirio bovino
spongiforme
e la nota tragedia di vicolo delle dalie,
tutto è come prima

E così il tempo, inconsulto
cerca d’affermare un’improbabile imparzialità
tra i paralleli
Di qui, le mie fondate ragioni
del dissenso

Mia adorata,
non ricordo più il motivo
per cui ti sto scrivendo
Forse, è solo un fatuo tentativo
di sottrarsi a questa profonda tetraggine
o
forse
non è altro che

un generico niente.

Un’e-mail all’amata


___



Vedo
Sento
Respiro
Cammino
Vivo
Amo
Sogno
Scrivo…

per guadagnarmi l’inferno


___



In stormo a farfalle
trasvolo ideogrammi
qua e là

E’ il primo respiro di luce
dopo il feed-back nero pece
dell’atavico strappo

Un tentativo d’esorcismo alla resa
la desublimazione delle atrocità

E tutti
e tu
così razionali
così esigenti
su quel poco che resta
di me:
scempio del presunto

… Dal troppo amore
muoio di voi.

Quel poco che resta


___



Uno scatto della mano
un’azione semi ellittica
non particolarmente lesto
ed eccola nel pugno
presa!

Apro lento la mano
e la vedo
tra la linea dell’amore
e quella della vita
A pancino in su
muove la zampina
l’anteriore destra
e un battito lieve
d’ala sinistra
Respira a fatica
vedo i suoi occhietti
esigui e interrogativi
fissarmi

328 11109++

“Pronto?”

Sono io… Si, ho fatto aerare casa… Come va?”

“Ah, non me ne parlare! La scuola si è trasformata in un muro del pianto. I bambini di prima sono ingovernabili, ma anche tanto carini”.

Lo comperi tu il pane?... Io non ho voglia di uscire stamattina.
“D’accordo. Ma guarda che non ti fa bene stare sempre rintanato in casa”.

E dove vado?

“Ockay. Ci vediamo a pranzo, allora… Ti amo”.

No no, aspetta!... Volevo dirti….

“Cosa?”.

No, lascia stare… è una stupidata.

“Ma dai… dimmi che c’è?”.

Niente… Ti ricordi, a luglio, ti dissi: Se non muoio quest’estate, non morirò mai più…

“Ha ha ha… sì, che mi ricordo… Matto da legare, e allora?”

Beh. Mi sbagliavo.

“No. Non dire queste cose. E’ un periodo così… Passerà, vedrai. Tu sei forte… Abbiamo affrontato momenti ben più duri…”.

Sai cos’ho nella mano, in questo momento?

“Cosa, Nu!... Cas’hai in mano?”

Noo… Stai tranquilla. Nella mano ho… una mosca.
“Una che…?”

Sì. Una mosca. L’ho presa al volo… e mi è venuto di telefonarti.

“Bravo! Hai visto che sei in forma?... Prendere una mosca al volo, con la mano, esige una buona prontezza di riflessi…”

Ma no!... E’ solo che, in questo periodo, le mosche sono più lente…

“E tu come lo sai?”.

Non lo so, ma sento che è così. D’altronde, siamo a novembre.

“E che succede a novembre?”.

Niente. Come vedi.

“Dai, tesoro… tirati su, ti prego!”.

Faccio del mio meglio.

“Ne sono sicura. Ciccio, su… resisti almeno fino all’ora di pranzo?”.

Ockay. Vedrò cosa si può fare.

“A più tardi, piccolino…”.


Non si muove più
Non conoscendo la prassi del caso
la lascio cadere nel secchio dell’immondizia
mi lavo accuratamente le mani

e vado a pisciare.

Una telefonata banale


___



… mi sono voltato
e ho cinquant’anni!

Mi sarò perso qualcosa
nel frattempo:
l’origine, l’energia, l’essenza
… baci

Tiravo biglie di vetro colorate
in una buca nel selciato
poco fa
… sognavo coccole

E lì, su una panchina
ben che vada
tra un po’
sarò vecchio varicoso
a fissare l’orizzonte

Per convenzione
vivo in una struttura corporea
che non sottoscrivo

So riconoscere, però
il vento, l’erba, l’afa
la stupidità…

Insomma, quel minimo che serve
per una discreta sopravvivenza

Che strana parabola, amore mio
mio bottino silenzioso
… tutto si gioca sul tuo ventre!

Madre prensile
Muto coraggio
Grande,
col tuo grande fiato avvolgente
e le grandi lacrime
miste a grandi magie
e atti di carne
Grandi

Verrò sempre a morire da te
Dammi ancora il tuo latte silenzioso

… ancora Vita.

Strana parabola


___



Il non luogo è
lungo il corpo
intorno

e lo spazio dov’era prima
ora è nulla
o altro?
…innocue profondità

Il movimento viola
lo spazio
e lo spazio è violato
…intime distanze

E se lo spazio
a sua volta
si muovesse
il corpo
sarebbe violato?
…e corro nei colori

Tienimi la mano
che poco ha a che fare
la fisica, con quest’idiota
filosofico morire.

Tangeri ¼ all’una


___



Guido circospetto
nel siberiano & la merla
tra cortei d’arcani fantasmi
in questo immenso buio bianco

Cardi selvatici e rettili luminosi
avvinghiati
mi suggeriscono
presagi sfavorevoli

e ho come la sensazione che
i cani di Largo dei Lebbrosi
non riconosceranno il mio odore;
come se, l’omino delle tasse
fosse in agguato con una calibro 9

Sento come se, nel mio frigo
dovessi trovarvi dei resti umani
o la solenne dichiarazione di guerra
dello Stato alla mia persona

E trovo tutto ciò, alquanto sgradevole

Allora, urge librarsi
E così, sistematico, mi propago
in fruga del granchio cardinale…

Però, fai conto di poter cambiare
l’ordine degli astri
riallinearli secondo un’influenza meno perniciosa
e adagiarsi poi, su un’amaca
tra i platani
sereno
ad osservare l’inversione delle dinamiche
e l’avvenuto
divenire luce
respiro
e bellezza.

Il pretesto: la neve, la Murgia…


___



E mi vengono domande…

La volta, che disubbidii
alla morte
rinunciando alla pace
e ai suoi ceci

Le rane che infilzavo
dal culo alla bocca
al bambù nel ruscello
in gravina

La prima volta che
ho visto cose
che vedo soltanto io
Quella in cui crebbi
in 6 minuti esatti

Quando pisciai 40 volte
in un solo giorno
da meccanico garzone
che tutto era
tremendamente giallo

E pascolavo mucche allucinanti
E infilavo tabacco a corone di lacrime
E sparivo nudo nei covoni di giugno
E singhiozzavo su antologie maldisposte
E sognavo di fare
quello che ero:
un Bambino!

…E tutto questo scrivere
da sempre…

Mamma,
sono le 26 e 49,
adesso puoi avvalerti della facoltà
di non rispondere.

Lettera a mia madre morta


___



L’essere scagliato lontano
ancora amniotico
in questa vertigine adottiva
in questo rumore di freddo
stanziale,
non è bellezza

L’essere rimboccato le coperte
una tazza di latte caldo
un bacio sulla fronte
e un Come stai tesoro?

Questo è bellezza!

La differenza


___



Le cose,
i nomi.
I nomi delle cose.
Parolare le cose fallandone i nomi, sempre!

Parole taciute.
Cose prive di nomi o proferite sempre
con accezioni in alterco:
“Ho visto una grande luce… poi,
un angelo suasivo, mi ha ‘parlato’
per tutta la notte… E’ stato divino!”

Al rogo l’eretico Giordano Bruno
per aver confutato la palingenesi
del ventre di Mary.

-Disfunzione genetica della ragione-

Per un’insigne fellatio americana
l’incessante agire del male
farsi minaccia.

Siamo nati uccidendo
e
a nostra volta
finendo uccisi

per poi, ancora
uccidere.

Che disordine!

Vero?


___



La mia amica lesse poesie a Marrakesch
alle 3 del mattino

La luna, in punto di morte
era bellissima
e lei accusò un fremito blu
dal Sahara al sacr’osso
immaginando tuareg al bivacco

La mia assenza passò
assolutamente inosservata
Però, ho visto ardere gli amanti
nel fuoco di palme da dattero
e di petali di gerber
attraverso i suoi occhi

E lei graffire indecifrabili segni
nel cielo:
Kiss per il berbero Larbi.
Emicrania della vecchia Europa
deriva della terra senz’alba.

Morirò
Moriremo
E questo è tutto.

Solo, non accetto il doverlo fare da vivo
e l’esser nato.

Nel fuoco di palme da dattero


___



Piovigginìo crepuscolare
sulla Murgia orientale
Irrisoria minuzia, per tanti
per me, un restar di sale

Furtive nei carrai
auto appannate si dispongono
a dondolar gli amanti
E in cielo rombano F.104
pronti al “GO!” NATO

Contadine nei fienili
dalle polpe e poppe sode
prendono a vampe il piacere, carponi
E nell’Adriatico, meno munifici
i caronti a traghettar dannati

Floride squillo di colore
al chilometro 96
suggono solitudini a saldi
E miserabili aquile, allorché da ultimo
prossime alle rive di Puglia
sconsolate s’inabissano

La luna mi srotola dinanzi
l’asfalto verso casa
tra il Mediterraneo e il cielo…

Anch’io farò l’amore, tra un po’
Ignorando ogni perturbazione balcanica.

Da buon europeo


___



Migliaia di lattarini
disporsi in un fiat, a squalo tigre
fanno panico

e, a parallela somiglianza
i cristiani, che a milioni
san far di meglio

Leggevo, en passant
un libro sulla pederastia clericale:
macchinosa
lacerante
spleen…

Perdono, per queste immagini
ricorrenti
di un pomeriggio etero-presunto
che pioviggina strano

rosa cipria.

Sconce immagini


___



A cosa pensate
quando seggiate, a sottane sollevate
o calzoni calati
e mutande giù?

Decisamente poco carini
vulnerabili, certo
ma soli!
Voi, e i vostri visceri

A cosa pensate
raccolti nel mistico atto della deiezione
pronti a dirigere la colonna escrementosa
nel muscolo anulare?

A cosa pensate
quando, da ultimo
esercite quella eccelsa, balsamica, liberatrice
coazione sfinterica?

Vi prego, però
non dite: Al terzo mondo.

A cosa pensate?


___



Inevitabilmente, poi
finisci col pensare a cose banali
del tipo:
"Ma dove sono tutti gli altri,
quelli che non ci sono più?"

E non c’è nessuna connessione
col ricordo di Izet, vecchio poeta bosniaco di Doboj
reso ancor più bizzarramente lirico
dall’hobby bellico del buon Slobo

Disse che c’era qualcosa nel mio libro
che valesse star su tutta la notte
Per quello che avverto dei brividi, adesso
pensandoci

O è solo il pianoforte di Sakamoto
o solo i gradi di questo brandy di rogo
o tutt’eddue, con me

“Coltivandoti, la tua terra, è fortunata…”
bofonchiò, vecchio matto, mostrandomi
la copertina de Il Libro degli Addii, il suo
con la foto dell’antico ponte di Mostar
prima della distruzione

“Non consentire che accada anche qui, figliolo”

Avrei voluto dirgli
come stanno veramente le cose
che mi spiaceva tanto
che ciò non rientra affatto
nelle mie specifiche prerogative
e che, probabilmente, sul mio conto
si sbagliava alquanto

Che nulla posso
verso tutta questa mediocrità
che finge di star bene
sotto il cielo, dentro le ore
nei vestiti, nelle chiese, dentro i letti

e che ho persin vergogna
delle mie nudità e battaglie
senza bottini

Ma lo vidi ranco, struggente
scomparire
dietro una porta di bagno…

“Per assecondare la prostata”, disse.

Avrei voluto dirgli



___



Qualcuno ha detto che:
“La terra è un’eredità lasciataci
senza alcun testamento”.

E la pioggia l’ha impastata
al sangue rinsecchito

C’è appena un rivolo d’acqua:
dalla spiaggia, col sereno
vedi l’inferno di confessioni a confronto
nel sestiere accanto

Lì, conoscevo una ragazza, Snjeska
così bella che la metà bastava
Praticava sesso e sentimento
con un compagno di fede differente

Ma un pomeriggio, il ragazzo
arrivò fucilatore
e la ragazza non c’è più del tutto

Anche lui, il ragazzo, non c’è più
perché la ragazza aveva cugini cecchini

E anche loro, non ci sono più
perché arrivarono i piantatori di brillamenti

E molti altri arrivarono
idrofobi, ultori, con usberghi e archibugi…
E anche il sestiere non c’è più!

Che cosa non ci hanno detto?
Chi ha vinto?

E che cosa?

Snjeska voleva soltanto
farsi biologa
e far l’amore

tutto qui.

Una non politica
(Interrogativi)


___



Sistemato nella poltrona occidentale
dagli occhi petroliferi
Piedi di Beirut in acqua e sale
a mo’ di guru sudato
il naso, punta visioni

Ectoplasma del gendarme globale
Cappello a tese larghe dal cui interno
traspare un campo mentale all’uranio impoverito
Sciami cosmici ultrasonori
liturgie moleste
TV
genitali
borlotti
Los Alamos
zanzare…
Trovo che l’anima possegga una propria struttura
indipendente.

Oh mie fanciulle stellari
ripiene di tampax al tritolo
per la festa della deflorazione luminosa

Oh miei ragazzi regolari
dalle mimetiche imbottite d’odio
e polvere da sparo, contro il terrore dei terrorizzati

Oh mia Palestina!
Oh mia Israele!

Oh terra di Cristo


___



Pioggia di seni a tasso agevolato
Stormo di limousine in chador
Ballo di San Vito dell’establishment
Massiva intifada allo champagne
Infusione di verbena al V braccio
Manutenzione idraulica per chierici
Corso di ricamo alla curva sud
Peeling obbligatorio per proiezioni
Cera per cerniere pigre
Silos di vaselina per Isabel
Addosso ai cani che danzano…

E’ come respirare aria solida
Come volare infilzato a uno spiedo

E per domani, amore
prevedo un peggioramento delle cose

Buona notte.

Stress


___



Un giorno così
(inadeguato)


Grazie ad una ventilazione più o meno regolare, la notte non è stata più faticosa del solito.
Il sangue, per fortuna, è stato discretamente ossigenato.
E prendo atto che, anche oggi, è andata.
Ed avvio il gravoso appello ordinario delle mie moltitudini, per una nuova conquista della posizione verticale.

E sbrigo le minime operazioni igieniche…
E tiro lo sciacquone…
E osservo i miei residui biologici, espulsi da poco, colluttare gloriosamente con l’acqua di scarico…
E penso che la parte migliore di me, defluisca verso un futuro migliore...
E le faccio l’imboccallupo.

E appoggio una mano sul muro…
E sorprendo le dita a tamburellare le mattonelle…
E non ne conosco la precisa ragione inconscia.

E faccio colazione da solo, e briciole…
E ti mando un bacio…
E ti chiedo perdono.

E metto su a fare un caffé, prima che qualcuno venga ad annunciarmi qualcosa d’irreparabile.

E da un anno, tutto ciò, tutti i giorni.

E adesso, musica!
Il blues prende a diffondersi lungo la schiena…
E di Dio, ancora… nemmeno un indizio.
E non mi va di fare la doccia… ho i brividi…
Mi stendo sul divano…
E ti penso.

E non faccio nessuna delle telefonate, che mi ero prefisso di fare…
E ascolto euritmiche preghiere di un grande pakistano morto…
E vorrei sollevare questo giugno, dal suo incarico afoso.

E, dalla finestra, vedo case mediterranee che stanno su dritte, coraggiose nel sole…
E persone, come me, schivare se stesse.

E basta anitre, gatti e il pollice! Non c’è via di scampo per le protesi virtuali… né via di fuga per la bava del vulcano.
E bevo acqua…
E la consiglio a tutti.

E c’erano uomini ai quali elargiamo abbondanti ragioni postume, che ci rendono pateticamente apografi.

E nella cornetta, l’avvocato m’annuncia la catastrofe: Il Taranto non è passato in serie B... Lacrime e disperazione!...
E così, il Parlamento può agire indisturbato.

E c’è uno che sbraita, che scrivo da sballo… Touché!...
E poi, una tal Micol mi strilla “Stronzo!”…
E rivuole il suo libro d’informatica…
E mette giù, prima che io possa chiarire le mie generalità: non sono Gigi

E la vescica mi riavvisa di averne abbastanza…
Il bagno è decisamente un luogo ispirativo…
Vorrei fare una cosa, che ho visto fare in un film… se torni.

E, ai lati del mento, noto un certo prolasso dermico…
E penso che il tempo ne stìa facendo una questione personale.

E una casa editrice, pro-missiva, si dichiara entusiasta del mio lavoro, definendolo “Caso letterario”…
E anche, vorrebbe eurostuprarmi.

E mi colgo a parlare da solo: delle mie tesi, mai suffragate da alcuna maggioranza o dall’economia… Della verità, flessibile come la pelle dei coglioni…
E di come non sto bene, in nessun posto, che non sia il tuo sorriso.

E fai strane mosse, contrazioni muscolari, versacci… Che se qualcuno ti vedesse, all’istante saresti in forte debito di credibilità verso tutti i paesani e più… Addio alla cifra stilistica.

E quel week-end, da soli, che rimandiamo da un secolo…
E altro.

E quest’arto tremulo, su boschi e foreste, a produrre azioni antiecologiche, più che letterarie…
E non c’è altro danno, più di quello ch’è già stato fatto… da fare.

E ti metti ad elaborare strategie di salvezza, così! Semplicemente fissando il soffitto.

E credi che persino farsi la barba, sia pura follia…
Uscire di casa: un vero suicidio!

E ancora…
ripari in comode contemplazioni sui grandi sistemi, giuochicchiando con gli ultimi eroici riccioli occipitali…
E quel curioso fremito, arcaico ed arcano, sul collo, indicatore della risoluzione estrema…

E anche…
vorrei farmi da mangiare…

ch’è tardi.


Nunzio Tria

1 commento:

... ha detto...

Metti che si possano mettere
colline
l’una su l’altra
e che questa riva
sia la deriva per questo mare
****
avremmo anche colline se da mari
arrivasse come luce memoria
****
Perchè le raccolte si fermano al 2004? E' un piacere leggerti
Enza