Nunzio Tria

Nunzio Tria
Io Contro

Sconcetti - Nunzio Tria



Sconcetti di Nunzio Tria
Edizioni Poiesis 1997
Collezione Poesia "Le Ambre"
Prefazione di Giuseppe Goffredo
In copertina "Ariete", un'opera di Angela Biancofiore



Vorrei renderti partecipe
della gioia di aprirmi lo sterno
dove il vago, il disordine, la follia
diventano l’unico antidoto
contro la stupidità;
dove quattro accordi, un tramonto
e io
diventiamo il sogno, una vita parallela

Vorrei,
se solo riuscissi a condurti
nel mio Urlo!


___



Lascia ch’io impari a volare
fin sotto il soffitto
e non darmi le ali di Icaro
fatale potrebbe essermi
la lampadina.


___



Un soave disagio
soffocare…

Quella notte incontrai la pioggia
e mi cercarono dentro, i rimpianti:

un conato, per tutti quelli che
hanno succhiato il mio tempo;

uno, per le attenzioni negate
a questi amori ormai cresciuti;

un altro, per un libro mai scritto
e per le lunghissime notti
spese a spendermi nel Forse.

Vomito


___



Non si ode nulla
Nessun senso rileva alcunché

Che notte!

Ecco, da me
vedo appendici pronunziarsi
a forma di arti
superiori
inferiori
e, ancora
innominabili forme

Indago concitato il bandolo:
far della materia un luogo
al logos compatibilmente vivibile;
ma, ripiego immaginandomi amorfo

una sorta di essere colloidale giallo Parma
inanime pure a riflettere sulla dinamica del trapasso

E, intanto
todo de nada t’attraversa
vecchio mio.

Ripiego immaginandomi amorfo


___



Viverti al cardiopalma

- O mi scorri davanti
che tra un’ora
era un’ora fa –

mi disturba.

Facciamo un po’ di replay
Blocca l’immagine a
quel 7 gennaio:

comprami un gelato
portami al luna park
mettimi in mezzo al lettone…
sai, il buio

Dammi pure l’olio di ricino
uno scappellotto, ma…
anche quella carezza

Insomma, vacci piano…
mi devi ancora quel Bambino

E dai,
non importa se ha qualche
capello bianco.

Tempo, mi devi


___



Mi gareggiavo
padrone dei davanzali delle finestre
sbottonato fino al cardias
nei pomeriggi di rettile.

Sentivo arrampicarsi il freddo
sin sul lombosacrale.

- Come sono puttane le donne dai capelli stopposi
nell’inverno del ’70 – pensavo.

All’ora dormivo dietro un armadio
tra dittonghi algebrici e sortilegi nucleari.

Ballavo al buio con gli Aphrodite’s Child
e la tua borsetta di caucciù.

Com’è possibile che Noi si abbia
una sola possibilità e poi…
les jeux sont faits?

Oh, pussies desaparacidas!

…Sarà meglio sollevare il culo
da questo marciapiedi
e dimenticare.

Nei pomeriggi di rettile


___



Lì, dove le presi
era buio pesto;
anch’io

6 anni e 10 chili
più di me
il suo pugno

Benedetto ragazzo

Non era mica obbligato
o malmenarmi
così forte

Richiesi un break
non l’ottenni
ma…

quand’ebbe finito

resuscitai.

Inconvenienti


___



Contro pelo, pelle liscia
shampoo, doccia, eau de toilette:
niente male!

Saltelli nudo. Lo specchio
ti rimanda vita, prorompenza
a ritmo di Hendrix.

Stasera la prenderò sui tralicci
dell’alta tensione. Scintillante
dolce, si rannicchierà pulcino
nel mio giubbotto, nuda, paga.

Metto jeans e vacheros
più l’abbronzatura: uno schianto!
Solo 4milalire. Stasera niente pizza
panino e stop.

Esco.
Piazza di calcio e d’auto.
Brutto: fica poca. Puah!

Ho voglia di un cuore
immezzo a due tette
e due gambe sulle reni strette.

Questi, amici, erano i programmi:
labbra fregolose e settimo cielo.

Al diavolo! Torno a casa.
A chi dirò Ti amo, stasera?

Il sabato del villaggio 2


___



Per ore ho fissato questo foglio

Ho girato tutt’intorno alle Galapagos
e fin su, in cima allo stipo più alto
in cerca di un bicchiere importante
e me lo sono fatto tutto a nuoto

E’ inquietante, quasi fobica
questa metamorfosi

Ho nascosto la mia testa nel microonde
per paura dei plagiatori
Ho finto di essere importante
rifacendo tutto il mio bicchiere a nuoto
Merda!..
che al mattino era giù instrada
appallottolato, ancora bianco,
così.

Così


___



Banale,

se non fossi già saturo
di sakè.

Queste gambe sotto tono
questi lunghi piedi doloranti
Questa stanza nevralgica, piena di liane
dirette al drugstore fuori contea.

Altrove avrei fatto smettere
di sanguinare Gesù
e questo puzzo di frittura.

Il progetto s’allontana
da queste braccia di reumo
da queste mani fuori breccia.

Il tè per gli ospiti
e questo cerume cefaleo
obbligano a una resa avvilente

e non è colpa della cucina cinese.

Una sera


___



Me, che dal balcone dietro il pino
vedo New York

m’hanno visto, più
e più volte,
da nessuna parte.

Seppur mi sladini in continuazione
per avere cent’anni di più
ed essere in due luoghi diversi
nello stesso istante…

Che il Dio degli anticorpi
converta il più nefando dei virus
così, che sia edenico persino
pestare una cacca di cane.

E domani, comunque vada
si ricomincia
con o senza.

Me


___



Quando si arriva al solito posto
il suo lampione preferito
ulula al richiamo di due grandi cosce
riflesse sul grattacielo di fronte

Gli sorrido, tiro il guinzaglio
lui mi segue contrariato

Vedrai, gli dico
una di queste notti andiamo su
Chissà che non abbia una cagna
con quattro cosce grandi?

Ho dovuto bermi tutte le insegne luminose della città
per farti pisciare…
Ora, promettimi di non parlare
se mi vuoi essere ancora amico.

Dog


___



Cach, ciach…

Che pediluvio singolare
cosciente, forse

Gli inquilini nel nido
sotto la grondaia
sono più furbi

E guardo in su

La calda sensazione di freddo
mi masochizza… e avanzo
Dove sei?

Che stupido,
non solo per il costo dei farmaci

E se fossi dietro quel groviglio
di matasse nere,
vuoi mettere?

Piove nelle scarpe



___



Lenti scivolano via
mari
dietro alberi e verdure
veloci.

Fermi.
Sollevo l’ottica
su una stupida campagna
come qualcosa che attende
un qualcos’altro
consapevolmente invano.

Oblitera la mia corizza, puoi?
E porta via la mia buffa sagoma
controllore.

Cosa faccio qui?
Dove sto andando?

Sulle palle l’ultimo
Book-testamento di Bukowski
Ansia.

L’unica misera consolazione
da un finestrino imbecille:
campanili comparsa
luci agorafobiche
antra notte idrica.

Ansia sulle rotaie


___



Ti assursi al picco del plateau
con opposto tropismo.

Lasciami solo
con tutta la terra sullo stomaco
ora.

Neanche per un attimo
ho pensato
che questo mio deflagrare
fosse funzionale, debito al tempo.

E neanche tu, talismano
opposto alla mia ptosi
hai colpa.

Io son solo in cerca di un “me”
meno deficitario.

Momento duro


___



Sono qui

crotaliche spire urbane
con la mia notte notturna
invincibile e narrativo.

Mal esseri abietti, grondanti
di fetido muschio epidermico
allorquando le ore solari
rifuggono di là dell’oceano.

Se non d’accopparmi finito
qual altro movente avreste d’essere
nelle vostre succhioni moschee economiche?
Quali aurei nimbi lustrereste
senza il mio zelante scalpo?

Potrei ritorcervi pari e maggiore
l’intero mio artificio; tuttavia,
prediligere a voi, è molto meglio
una stella cadente.

Bancabile


___



Poi, le stelle
troppe
a ricordarmi troppe cose.

Due donne fanno l’amore in tv:
s’insaponano le groppe, i culi
le vulve. Necessità estrema

Assopite?
Cosparse d’unguento indiano
e trancio di carotide?
Dei loro corpi, quasi ne sento l’acrore
degli umori, ne osservo il pallore.
Luce ultima

Poi, mi noto in red culotte
salvato dai titoli di coda
che preparo acchiaia, raucedini, sogni
da stringere allo scoccare del nuovo
giro di boa; piuttosto vivo.

Ma la bocca il cui unico motivo d’esistere
era baciarti
è ora di fegato impastata.

Poi, non so


___



Invece è questo
quello di cui ho bisogno

non dei quintali di sorrisi amorfi
non del sapore strano
del ticchettio dell’orologio

degli squilli minacciosi del telefono

E non ho bisogno neanche
dei chilometri di pseudo-coccole

Invece è questo
quello di cui ho bisogno

non certo di un volgare Bravo
sulla spalla

di una cravatta o pois
per stare al senno d’appresso

E neanche, se vuoi
di questa mano per scrivere

Caèire!

E poi,
dammi un’ora

un’ora soltanto

e ti stravolgo la hit parade.

Capire


___



Più vecchio di un giorno
ho schiuso gli occhi
nel sugo della domenica
stamattina

Ho aperto la finestra su ulivi
e radure: ficcato era il sole
ovunque

Ho spento un’incompatibile rap
a quel sommo miracolo iapigio
e commosso…
ho chiesto perdono

Noi -nella storia o leggenda
fratelli d’Odisseo
al crocevia del pensiero cosmico
scaduti ad ansante codazzo dell’omologo-
abbiamo la terra nostra ei millenni
frodato!

Sud


___



Permango a bitumarmi i polmoni
piantato in Nasso da un’idea che
credevo valesse il trascorrere
di un’interminabile notte
in una notte sola

Ma è oltremodo bello
udire i colori,
bevendo semplicemente latte,
che dare d’imparaticcio
con piagnucoloso dislinguimento

Nondimeno reo, parimenti d’essermi
condotto prossimo allo schifo
e oltre…

me ne strafotto.

Prossimo allo schifo



___



Che spazia i cardinali
non savio di geografia

Poliglotta ignaro
della sua stessa lingua;
che non ha amato
branchi di duchesse lascive
e monili e lapislazzuli

Che non aiuta
la mia balbuzie scrittoria
coattandola a un’epistassi di pattume

Io. Che insopportabile fonema!

Poi, una rocambolesca fuga
dietro l’indice…

Però, insieme
abbiamo amato
fino alle cinque del mattino
deo gratis!

Vedi, basta che noi si flirti un po’
che il poetare senza un background
forse
non è peccato.

Nunzio


___



Pensala una sera di nebbia
in un viale autunnale lampionato
e se pioviggina
è perfetto.

Tira su un bel respiro
insieme al bavero e
adagio, incamminati.

Chi c’è in questo cappotto?
Strano è il movimento
strano il fumo dalle narici
strana l’ombra insolita.

Pensala mentre gli ultimi fari frettolosi
tornano a casa e le finestre tremolano
di una luce azzurrina.
Stringiti nelle spalle e nei denti
e prosegui.

Dove sono i miei anni?
Strana inquietudine
strano il respiro nelle tempie
strano l’insolito karma.

Pensala a naso in su, mentre l’acqua
metallica si scioglie sugli occhiali
insieme alle lacrime
nell’assenza stellare.

Quando pensi alla vita


___



O musa
o pianto
Giuda iconoclasta,
angustiato in una spanna
da tagliole,
schiocca le tue dita
in sincope
sul tuo profilo migliore
ed emendati.

Inutile filantropo


___



Come ombre di rettilario sul mio alito
intemerati occhi mordono

Come cecchini sul mio sudore
immacolati sguardi sparano

Come efferati carnefici sui miei visceri
compassionevoli mani graffiano

Come iene degl’inferi sul mio sangue
venerabili fauci dilaniano

Ho i piedi a brandelli, per voi
e non ho più scarpe…

Ma, vi sopravvivrò.

Incauta simulazione dell’intorno


___



Fumo trafitto, obliquo
da lance di luce

Gli aghi-manto di pino
d’aleppo, ora flessuoso
aromatico

Umidi e resinosi gli alberi
dolci, quasi danno d’osceno

In quanti staranno facendo l’amore
adesso?

E’ spiovuto da poco
e m’interrogo sulla
provenienza della brezza

Pare provenga dalla costa orientale;
non potrei giurarlo, però

Mio padre
se ci fosse ancora lui
di sicuro lo saprebbe.

In pineta



___



A te, che avresti solo bisogno di starmi lontano

Alla schiuma di questo boccale di birra
Ad Armstrong sulla mia luna
Al tinnìo degli Indiani negli orecchi
A via Cormons, 71
Al Canino putrido con granuloma
All’ultima marlboro, prima di piangere
Alla spiaggia di Waykiki

Agli anni ’70 che beccarono Paco
A Diana di Prima per la sua “Pratica dell’evocazione magica”
Agli zabaioni e le seghe
Al disciolto Partito Socialista
A quella d’inglese, col pallino di farmi
Al piano regolatore generale
Alle sbornie di mosto
A come, sono sudato

Alla cattiva igiene burocratica
Alle lacrime di Hamid per la sua Algeria
Alla neve col vincotto
Al morire in circostanze elettroniche
Ai folli nel fango di Woodstock
A come sei dolce in T-shirt
All’arpa dalle corde di sangue vietnamita
All’incessante rabbuffo tra me e la notte

Al primo gatto nero nel pizzo a fiorellini viola
Alla terapia osteopatia craniosacrale
Alle jam-sessions di via Carnia, 1
All’entropia etnica
All’alba, che spinge il mare più in là

Al sorriso

Alla perdita

Alla mia necessaria inutilità.

Calura agostana



___



L’orizzonte, tra il pollice e l’indice,
limitato

Ore, di un tempo implacabile,
indilatabili

A sera mi dissetavo di te
ma era tutto così poco:

nessuno in grado di proferirsi
in tramonti d’India
in boschi del Kentucky
in un alieno

Dio! Come son fatti male
i miei pensieri

Forse, se avessi imparato a scrivere?

Avevo ed ho
bisogno di credere
ma era tutto così poco

Annoiato, alle 6
mi raggomitolai sul grembo
e morii.

L’ultimo atto


___



Buffe cervici taurine
orditrici d’inquietudini
ricurve nei loro sottovuoti
ansimano
alle bizze di penne
indomabili e
muoiono cianotiche
per l’umana insipienza
anzitempo alla gloria
fuori dai videoclip.

I Poeti


___



E saldare tutto
e fare pace con l’alba
e lasciarsi andare
e tornare on the road
E poi?


___



Non addormentarti
Offro il mio venirti da tergo
per il tuo dar fuori di matto

Garantisco 6 once di delirio
e un posto nel ripiano del secondo cerchio
con la gola secca

Dai gas al tuo virtuale
fin’oltre il represso
obliterandolo.

Stammi a sentire


___



Giocavamo a giochi più stupidi
della ragione per cui eravamo là:
eremo in contrada qualchenome

sapendo, a priori, che non avremmo
scopato
perché, scopare, era più grande di noi
più grande della prateria, del bosco…
più grande

Piccola, coi calzettoni all’uncinetto
che stentavano a star su
Gote di cocomero maturo, che m’imponevano
qualcosa di basico, di irreversibile

Ecco, una Esportazione: l’arma segreta; fumata-fuga
cercando di non tossire
prigioniero di questo non-rigonfio nei jeans
cercando di non morire
Vorrei avercelo di qui al mandorlo, spaventoso
e stupirti

Per ora non so renderti felice
ma presto imparerò.

Spaventoso e stupirti


___



Gambe di lentiggini
rannicchiamoci dietro quel Dalì

Ti narrerò d’infinite paure
e di come abbasso gli occhi

Peste al comune scontato
Desistiamo la nobile etica
e giochiamoci la notte
in punta di lingua
su ogni poro

Palpitami nel torso
brutto muso
e io metto su un disco

Vedrai,
le candele ci proietteranno in macro

e sarà gigantesco.

Fuso di strike



___



Tra sinuosi arbusti tentacolari
dalle aritmiche movenze,
anaconda di fango si contorce
acquea l’improbabile carraia

A orbanti strali al neon
seguono potenti urla celesti

Schermo fantastico-parabrezza:
piove sulla 127 del ‘71

Apprendo il tuo passato:
tuo padre partigiano
il nord
le tue nudità…
Io non ho passato

Argentea, sotto una luna bendata
la pioggia sbandiera e zigzaga
esaudendo l’estro rabbioso del vento
poi, sfugge e cade con gran fragore
sul tettuccio

Nessuno mai
può aver provato tanto
E’ un plus compenso questo
al mio generale mancato

Qui, in auto, nel bosco
stroboscopia destriera eburnea
tra il cielo e i lamenti di te
che mi fanno l’amore
è grandioso sfidare l’uragano.

Alla maoletta


___



Una riga via l’altra…

un continuo srotolare
di cazzate

Sigarette zero
e i cani abbaiano

Sai, c’è più fatica in una disfatta
che arrivare in cima allo specchio

E ci scappa un Ti amo
ad occhi lucidi
all’una e un quarto, quasi
del 1994.

Notturno cazzeggio


___



Sbagli, se credi che l’Alabama
sia meglio di qui

Ci sono imbecilli ovunque

Ho messo anche gli stivali nuovi
e ti porto giù in paese
in autostop

D’accordo, che non c’è poesia
però, chi più di me
può farti sorridere
mentre non riesco a slacciarti un body?

Scommettiamo?



___



Una perfezione per ogni caviglia
e nelle mutandine
carni che dimenticano d’invecchiare

Oh Sandy, fuori delle nebbie, che gatto!

Sandy e i suoi seni d’adolescente
puntati verso l’alba
prendono un solo caffé per colazione
sognando isole ispaniche

Sandy, granitico capitano romantico
avversa l’idea del male e dello stirare
difendendosi con elefantini d’avorio

Ma poi
piglia il giorno tutto sulle spalle
e canticchia a piedi nudi al cielo
fin dentro le lenzuola

Jeff adora guardarla dormire
e pensa di non meritarla.

Sandy & Jeff



___



Un giorno ti porterò in Normandia
o su un deltaplano tandem

Comprerò due ettari di un qualcosa
a San Jan di Puerto Rico
o faremo la corsa nei sacchi

E se lì o là
avrai freddo o caldo, allora io…
Berremo calvados o bibita tropicana

Se potessi invertire la prua
saremmo a Mannhattan
o a dipingere in mansarda

Oh, come vorrei vederti ballare nuda
odalisca mittelmediterranea
immezzo a Tien-A-Men
o in the rain, fuori dal pizzicagnolo

Tieni duro, mio male minore
assoluto
Pensa che bello sarebbe svegliarsi
in un bagno tailandese o…
Ockay,
vada per la Spagna, ma adesso
ti prego
grattami la schiena.

Pruriti


___



Chérie: lamento, agonia

infila il cuore nel dentifricio
bastona il mio caffé
e ciondoliamoci a cappio
al doppiere

Striscia ai miei piedi
bruciami le unghie sul clavicembalo
trapassami l’addome con l’attizzatoio
e odiami

Rigetta pure sulla pelle di leopardo
ma, ti prego
risparmia Mallarmé

Quanti boli colorati
hai assunto?
Quante, le bollicine etiliche?

Ho piantato il serramanico qui,
la Bugatti ocra non ci starebbe
tutta nel mio petto
Per questo ho fatto a cambio

Vieni, c’è della brina da bere in giardino
e i miei cani in attesa del loro Eraclito

Fregatene dei giornali di domani
con su solo il chiodo
e quel livido collare

sei bellissima!

Al castello


___



Per costruirti almeno un ghigno
arieggiante un sorriso
vorrei distribuirmi
nelle tue sublimi giovani rughe
e cingerti nella canapa di Manila

Poi, in un guizzo
farei scivolare il foulard dall’abat-jour

Sei più bella che 20 anni fa
ci puoi scommettere la lingerie

E’ di un magico infinito
sentirti in voglia
e i brividi nella mia spina dorsale

Scorribandami in ogn’ove
su e nel soma
indugia a sud dell’ipogastrio
finch’io t’impregni

Scantona da narcotici odori di nullaggine
e raggiungimi
in teche d’onice e damasco
ad osso pariventrale glabro. E lì
Klimax ci colga.

Chiunque le abbia create, di queste notti ne fa davvero poche


___



Soffio scottante
sul mio solino

saura
sopra di me
ti sento

Misera
a similitudine
di questi istanti
l’esistenza

In noi
sino all’estremo
esenta l’insinuo
e misero sarà
persino il transito.

In “S”


___



Madame
lo stereotipo dell’angelo-cuoco-porca
I silenzi da leggere in maiuscolo

Sorrisi inodori, incolori
come ruggiti al tetano

I sogni d’orge viola e purpuree
blindati

Le divine schifosità
in compartimenti stagni
inaccessibili

Il collo suppliziato
da una, due
e più e più bocche
di nebbia maleolente e d’acciaio
nauseabonde

Mastectomizzata, pari a due amazzoni
da artigli farciti di grasso
e di vermi

Il ventre squarciato da clavi ciclopiche
tante
dal sapore acido-salmastro
devastanti

Omettiamoci da questo prato pseudo-celestiale
da questo immenso sciame impotente
che non può pungere e piange e muore
soltanto una volta
Eludiamo il vortice del circolo vizioso
generante il patetico ri-triomfo dell’impostura

Lungiamo dal ricovero di un amore così, tanto dozzinale
e candidiamoci pionieri dell’auto-ignoto

o parliamone.

Madame


___



Dischiudo in un bacio gli occhi
per vedere se i tuoi son chiusi
Ockay. Stasera siamo immortali.

Usciamo. Voglio portarti a sorridere.

Prendiamo la provinciale fino al mare
poi, svoltiamo a sinistra per la jonica
e proseguiamo senza meta

Tira su un po’ il vestito. Lo sai
che adoro guardarti le gambe

Lividore lunare il tuo viso
di una dolcezza impicciante
rende fuor di proposito
questa mia autostradale erezione

(Area di sevizio)
Facciamo che tu danzavi, col tuo sogno
sotto un tombolo pirotecnico di stelle
in questa stramba estate notturna
mentre io sorseggio saliva.

Tagliolini ai ricci di mare
e un capezzolo tra le dita
Ti vergogni, ma sorridi

Non ho mai smesso d’amarti…

E’ troppo sdolcinato così?
Su, finisci il tuo caffé
che mi è venuta un’idea niente male.

10 agosto 1996


___



Di sobbalzo
ai tuoni di marzo
mi sveglio
ai lampi usurpatori
nella stanza

Sfinito
tra pareti d’acqua
rincorrevo un’armatura
medievale, poco fa
e ho avuto la sensazione
che mi tradissi
patatina

Sbranando eliche d’aerei
e cani caldi
bimbi
sbucavano dalle fenditure
dei muri di raso blu

Ero fuori del corpo
in un luogo con tanti posti
ognuno
per ogni essere
in cui perdersi

In torpore
reduce da allarmanti apnee
metà scioccato
e metà intricato
col cuore che tonfa
e ritonfa
contro il rizoma della zazzera
mentre dormi
a parlarti

Mi sono gettato
da un’altezza impossibile
ed eccomi qua
con la voglia di sculacciarti
o soltanto piangere

e non posso.

Che strano


___



A volte:
lucido mistero setoso
come ancella al nichel selvatico
in toletta,
è Dulcinea

Altre:
latteo riflesso del falò
di viale dei salici, dietro la stazione,
è fior di loto

Simon c’è rimasto secco per questo,
idem al pagliaccio nel film

Oh Lizzy, quel vestito preso a Parigi
e quei piccolissimi seni del New Jersey

Sharon, fiera soldatessa delle stoviglie
e del Saturday night-core sistematico

Timorata signora, avvaccata su mille patte
in aerobica esibizione dello scalpo genitale,
trionfa

Insisto: il peggiore dei mali,
pur necessario,
è il migliore degli angeli;
a torto supposto maschio.

Demonia


___



Pregavo che, questo cuore
reggesse
Avevo tante cose da dire
da fare

Sognavo una camera rosa
e spogliarmi con te, a letto
con le caviglie e le orecchie
pulite

speravo che non ti saresti
mai arrabbiata
che non avrei mai sbagliato

Ora ho freddo
i grilli cantano fuori
e non è normale.

Vani auspici


___



Ineluttabile animale di latte
sul costato
frano ai tuoi piedi di spuma
e canto

Discendo whisky i tuoi fianchi
Contemplo i deserti e la morte

La morte come inizio: inizio di
non comunicazione

Così non sarò mai compreso
ma è così che mi piace

Distogliere dal peccato del ricordo
postumo
i tuoi alluci, la federa
e i meravigliosi turgori

fare il verso alla terra negli occhi
di sotto
e godersi, in maliose telerie corvine
l’avanzo di candore scostumato.

Immagini


___



L’attesa
Count-down nelle province del 42° parallelo

A ridosso di un calvario perpetuo, Qui, si Aspetta: i pesciolini di liquirizia, il primo giorno di scuola, una bimba scontrosa, difficile, un animale prevenuto; le vacanze, l’appetito di bicicletta, lo zio inamidato dall’estero… la speranza di vedere il mare.

(La realtà)
Una stantìa bottega, con dentro un mestiere insopportabile come l’odore del piscio delle ascelle del capomastro… in cambio di una pagella quasi buona.

Quattro mesi per coprire la distanza tra la rotula e le prossimità vulvari: il primo filarino; poi, non te la dà… e di lì si Aspetta, qualche anno, il primo coito interfemorale.

Si Aspetta la partenza dei brufoli, in coincidenza con l’anelato arrivo dei 18anni: il pomo d’Adamo, il poter guidare, votare e sfidare un buldozer… e puoi farla piangere.

Aspetti ancora, e sposi quella che te la dà. Poi, non te la dà più, come prima… e si diventa parenti… Opposti.

Lo scisma di due oscenità cassate: sullo stesso tavolo lo stesso fariseismo, nella stessa lavatrice due umori contrari, nello stesso cesso lo stesso disfarsi, nello stesso sapone due difformi peccati, nello stesso letto abbisogni funzionali all’incirca ciclici… sconfinatamente tristi.
Proprio così!

Si Aspetta, fritti, una grossa vincita: un miracolo, l’eldorado per corrispondenza… o un’amante godiva da copertina… o un qualcos’altro che non sia una telenovela. Tuo figlio, un uomo; e i tuoi sogni, ostaggi dei tuoi errori. Poi, immani panzane da raccontare ai nipotini.

Si Aspetta –da sempre attesa- la pensione. Ti regali un sorriso dì zecca, con la nuova dentiera pronta a vomitare, al ricovero, fallaci ricordi di montate equine.
E Aspetti ancora, finché la tua vecchia scranna non ne può più, e ti scodella spandendoti sul pavimento…

…Come ti chiamavi?


___



Handikap, Why not?

Le bocche di fuoco che fanno il tiro alla fune dentro la pilloliera di nonna Ortensia Non sono esonerate dall’obiezione di coscienza E non sempre l’elettricità statica è alleata della cambusa per sostenere il lamento di diciassedici eunuchi brilli Al week end di mamma donnola i suoi collant rischiano la fellatio L’abat-jour rischia l’appalto delle grandi manovre... Il rischio rischia di non correre.
Il costo di un dramma non supera mai la curva di Bhain In cantina presso la complanare ad ovest delle 23 pugnalate Pronti a saltare sull’asta Chi ha detto Quo vadis? Resta su E’ la tua notte E abbronza le narici La cronologia degli avvenimenti si biodegrada nei punti di vista Mettiti supino e ti dirò il tuo grado di figliodiputtaneria La folla giunse in sacrestia Il tuareg polipossedette il parroco Tutto inutile il ’68 in cravatta Senza la ricevuta fiscale Margot aveva un culo e un barboncino anoressico E tutti pizzicavano il culo di Margot E Margot… Poi ci sono i nordici Poi ci sono i sudici Poi ci sono “i poi ci sono” E poi ci sono “i poi non ci sono” Ed ebbi un orgasmo cerebrale Si va in cerca d’Omero Verso il rock e il martirio di Giove Sellate i cavalli se ritenete sia giusto rendersi colpevoli di un participio passato Allora Ascoltate chi ha avuto la meglio su se stesso deflorando una carta carbone Cazzo! E caricate la sveglia sulle peggiori perversioni e conditele con Dio e saliva Che erano tutti fuori dei corpi e dei crani Quando ebbe la meglio colui che disse più balordaggini E adesso vi è una violenta recrudescenza Ma ecco il mare a pochi passi dal mio computer Chissà se lì è giorno o se hanno scippato il bottino al ladro Cosa ci entra? Obiezione Vostro onore Il teste non è attendibile E facevamo a gara a chi restava più a lungo col fiato sospeso Aborrimento totale Lo zio Willy ha finito la colazione e non ha derattizzato questa parte di cielo O è meglio aprire le gambe? Se sei ancora vivo Prenditi l’alluce in bocca e fai gol O fai indigestione di spots
E la sera quando tornerai Sicuro d’aver vinto Bingo!
T’avranno clonato.


___



Che ho fatto un sogno alla periferia di satana
Alias, se ti entra del freddo nella giarrettiera… dammi del tu.

Le meduse filano sperma ingravidando il mare Mentre so che ti piace guardare un voyeur guardare la lavandaia di Grenoble Il peneretto dell’altra tua metà soffre di claustrofobia E tutt’intorno c’è sfiga Contorsioni cerebrali Autostrade bluastre su poppe cadenti Canti gregoriani a colonna sonora di un salto dalle torri gemelle Avvolte in una sigaretta vanno in fumo tutte le bestemmie tra le labbra e le ginocchia di Susy la succhianerchie Attaccato da uno squalo all’angolo tra la quinta e il pozzo di San Patrizio Ci vediamo due anni fa E ancora Rabbuiarsi rigurgitando fandonie per difetto di memoria E giù bastonate nei ciglioni a chi no respira nei dintorni delle mie feci Giovedì ti regalerò un semestre E per mille vibratori difettosi Un cazzo di porcellana autentica da esibire nel salotto buono Qualsiasi cosa stiate pensando Non è vera L’università della mente segna i confini nel culo di Nostradamus All’asilo la maestra ha mollato un peto Arrossii Il traghetto Oltre il fiume S’inoltrò nella steppaglia I viaggiatori gridarono al miracolo Chissà quant’è alto un quintale al nigth Posto che la verdura m’annoia E risarcirò chiunque sappia morire Almeno tre volte Vaffanculo Vaffanculo al cuore che pompa merda Al cervello che la elucubra Alla bocca che la vomita Vaffanculo alle orecchie che ci cascano Ho ricevuto il messaggio di monsieur Louis Argon Quanta gestazione Prima della strage alla Sinagoga E a tutti voi Buona serata coi nostri programmi E ancora Adesso si chiava perché il caro vecchio porco Charles B. è uscito col suo ascensore in bottiglieria E’ mediocrità o furberia No! I Rolling bruciano vivi sul palco tutt’insieme Al mio via Fatevi le seghe Le signore provvedano alla rimozione del caglio E alle due si fanno i bambini Gli sguardi fieri e indifferenti di Ludovico Van Beethoven e Michele Gorbaciov appesi al muro Mi è entrata tutta la notte nel naso La professoressa chiede scusa Il veterinario le sfila una mazza da baseball dalla berta Inspiegabilmente finitaci L’assessore fa il bagnetto alla barbye La mucca giorgina Ingelosita si mette col fattore Ed è una camionata di clitoridi Ma poi Le negre Ce l’hanno o no? Che schifezza indicibile La pelle crespa nella terra di nessuno Attenti al cane Se mi sbrigo prima riesco a prendere la corriera Sotto l’ombrello pisciavo lungo Insieme alla pioggia E non mi hanno promosso Stop!
L’anidride carbonica mi è testimone Punto.


___



Titolo provvisorio

Sai? I poeti muoiono vivi… senza tempo.

E poi c’era una stanza meno squallida di me, solo un po’ meno piena di vuoto:
un tappeto senza ali nel mezzo, un posacenere indiano d’imitazione, a lato, contenente resti di sigarette arrese al suo rossetto color prugna e ai miei trentanove anni color non so. Nient’altro.

Ah! Ricordo che c’era ancora l’eco residuo di una feroce battaglia, si! E l’odore irritante di sudore e sperma e fumo.
Ne siamo usciti sconfitti affatto, come due duellanti sincronici nella stessa mira.

Quella sera hanno assassinato sua santità in TV, al piano di sotto. Avessero fatto bene o male? Non riuscivo a stabilirlo. Aprii la finestra guardando il tappeto, imbrattato di bava ormai ininfluente, rosso dalla vergogna per quella inopportuna complicità e mi sentii, fumando nudo disteso al buio, un idiota.

E il soffitto assumeva forme indefinibili, tanto da diventare una vagina XL, che mi risucchiava in alto fino a vedere il cielo. Stavo lì, sguarnito. Rinserrato in sospensione aerea per lunghe, lunghe notti… senza i giorni… Piovve.
Volevo correre in strada… sarebbe stato dolcissimo costiparmi. Desiderai tutta l’acqua di Dio schizzata addosso dalle auto, ma…
nulla era vero.


___



Sgorbiare è ormai un refrain
a compenso del dolore
e di ostati uzzoli ustori…
Ne morirei
se fosse solo un qualcosa
di maledettamente naif


___



Potendo por mano alla turba
di sedicenti cantori
inizierei occultando la luna
e, simultaneamente
a tutte le ovvietà,
i logori fiori.

L’intraducibilità di un
purchessia senso
in loquela,
ha di un per sé
imperativo.

Indi,
se andassimo tutti
a pesca
o a farci sfottere,
salubre sarebbe
il ricusare l’insidia, pria
a pro d’una dottrina
ex onerosa d’onta.

Antilogia


___



Si sa:
l’eccesso in diletto
è principio d’inconvenienza
e il difettare in sacrificio
scaturigine di svantaggio
Grinze, nessuna
e così, perpetuando i tempi

Non redarguitemi
se, alle tediose mediane
eccepisco perentoria discordia

A saperlo mi sarei suicidato
da spermatozoo.


___



Rumino gli anni, i secoli
gli attimi mai propalati

Un giorno, giuro! ti darò fuoco
melanconico autogiullare
ventre a diposo
cazzo penzoloni

Dolce, sweet inferno porno
sfrenato obliquo, mai parallelo

Lungo la lunga notte sbranerò la tua emicrania, Tesoro
Bastardo mai genuflesso
voltati, che ti mordo la canottiera nuova
in un sol minore dodicesima

Ti soffocherò, castrato, col tuo stesso vomito
Mezzo figlio
neanche ½ pollice da mettere in bocca

Disturbi neurovegetativi
Mezzo animale
al seguito e inseguito da evitabili (?) ossessioni:
luna, maccheroni e jazz; end of the month, death e
bla bla bla…

La sommatoria di tracolli, a trilioni
Mezzo amanuense
sedotto dagli apostrofi d’Ungaretti, indarno illuminato
nell’altra metà inesistente
Metà cercatore di Dio
Mezzo padre
in ginocchio su bufere di ragnatele

Infrangiti, adesso
mezzo nudo
disfami di una metà…
Perdonatemi.

Luna, maccheroni e jazz


___



Frastuono di un caravanserraglio di prostate che danzano nella fogna delle impossibilità, divorate una alla volta da un grande drago di merda e in contrappunto un profumo filodermico di sandalo, esalato dai capezzoli bionici del Mediterraneo. E io qui, fune delle quinte senza fondali né palcoscenico, solo. In un non luogo, penso di fare una doccia.

E a mano a mano che l’ormai peloso lavandino
diventa barbara scansione del tempo
il capo si china
a culo scoperto
in attesa del boia

Coordinate in ogni latitudine
Fulcri polverizzati in atomi
di astrazioni vulnerabilissime

Io massa
Amaro mio equalizzatore

Apeiron impotente
giungimi a stupore efficace

Infino l’ordinato alternarsi dei contrari
ha occorrenza di dolcezza
Io,
di un po’ di luce.

Piagnisteo n° ennesimo


___



E sono sempre gli stessi
a ridersi nei calzoni:

i Tipi che, con un litro al secondo
spompati,
glissano sulla tua cellulite

Che, senza le impronte digitali
e l’alito pachidermico,
dicono di un gran bene del caro ex-tinto

Che questa notte, dalla via lattea all’anale
esprimono desideri
sul barbecue di San Lorenzo

Che fanno il tifo per l’ora legale
e annusano le foto del bioritmo

Che transennano le erre mosce, Wilde e Pasolini
per profilassi

Che, in loro assenza, si autosostituiscono
e vanno a LA Merica nel tinello

Che giurano di aver visto il leitmotiv
e consigliano l’acquisto di ½ libra di bon ton

I Tipi che, sollevati dall’incarico di amministrare
le anime dei cercopitechi in cattività,
si trasformano in souvenir

E Noi, birichini
che questa notte non finisse mai,

faremo muro al grande fungo.

Secolo XXI


___



Sagome di cimiteri bulgari
di cristalli fuxia
immersi in acque solide
di un glauco rabbrividente

Desti vaneggiamenti di morti
in bianco e grigio
senza essenza
dall’ambigua mimesi

Scarpe bucate
e prematura calvizie
a 190 decibel di foia
tallonano duemila metà di libri
e armadi Luigi XVI
per zapparli di singulti

…di un perdigiorno che ha scoperto
l’ottica erotizzante delle veglie funebri
lo zeticismo
e il viversi dilettante

Cristo! Questa scimmia congenita
a groppa di una libido dislessica,
mi scombuglia

e pago.

Tirar tardi


___



Triste. Come le fumiere d’oppio a Saigon
e l’araba fenice

Come la coerenza integrale
e la processione dei misteri

Triste. Come il sesso malpronunciato
la memoria ruffiana
e lo sperma nei tuoi capelli

Come la grafia degli ergastolani
e la scatola nera sul Sinai

Come lo sforzo di sollevare un inganno
e il coito degli asessuati

Come il mare nel termosifone
e la sieropositività peccaminosa

Triste. Come gli spifferi di lerciume
di bigotte cavità orali
pregne di assoluzioni asperse.

Sdogma


___



Inconfondibili rossori
e affanni

Impavido eroe dell’oblìo
braccato

Stupido ragazzo
amore senza rete
caduto

E noi qui
rabbia per la beffa
dolore muto

Quante sirene al guinzaglio
dolce mandriano abbattuto

Quanta forza avevi
e quanta
la voglia di andare

E per te
questo applauso
di saluto.

Ovunque tu sia


___



25, quarantasette, 52, novecentodieci, anche di più, e non solo.
Perché?
E ancora: 96, settecentocinque, quattordici,150.
Non è un’esercitazione d’aritmetica, né pecorelle. E ancora, e poi ancora: settantadue, 129, 60, trentasette. Uno stupido ozio, ottanta, 1, duecento, mille anni dentro questi attimi e…

Forse è la notte che non basta
Il cielo che scappa via dal buio
Le erezioni soffocate
I versi non scritti

Forse è la notte che non basta
I gatti arrapati
Il cielo che scappa via dal buio
Il mio diario bruciato

Forse è la notte che non basta
E bombardano dappertutto
Fiumi che non sfociano mai
Il cielo che scappa via dal buio

Ratti tristi
Alcove pigre
Insonnie in catalessi

Inermume totale.

Il vecchio barbone, nei suoi cartoni, accenna una nenia di catarro e rantoli osceni…
e scappa via dal buio.

Forse è la notte che non basta



___



E vado giù, sul foglio:
mi litigo
mi canto
mi soffro.

Io so che l’arte non dimora qui

Ma Tony, bocca di martello
non ci sta, e dal palco dardeggia
i miei versi e inchioda tutti
salvo gli inquieti che scappano
alla parola cazzo

Ho pianto.
Lui sì, ch’è un artista vero
un animale scenico contagioso
un principe scommettitore folle

A lui devo l’aver conosciuto
L’uomo dalle suole di vento,
il Juke box di Allen e Anni nel caos

E se, a quast’ora della notte
ho ancora voglia di scrivere
è colpa di un suo delizioso disordine bolognese
al 20 di via Mascarella.

A Tony Volpe


___



L’Hammound squarcia l’alone fumoso
della sala, con accordi adescanti
Il basso gli romba soft intorno
come un’amante gentile

In un crescendo vibrare di cimbals
la batteria adagia una sibilante stuoia
al fondo dell’urlo struggente della chitarra
-dopo lo stppìo di mezzanote-

Sotto di noi l’animalario sudaticcio
scioglie il suo fard in coppe di pessimo spumante
scimmiottando in un ballo oltraggioso il nostro blues
tra auguri, audiolingue e frizioni montivenerei

Tutto sembra d’arte felliniana:
la rossa dai tacchi argentati a spillo
mi mostra i denti da lombrico e la sua
acidità ascellare, per la terza volta
Purulenza gratuita di san silvestro

Ragazzi, mettiamo il ’73 in salvo da qui
che ce ne quanto basta a dar di stomaco
per un anno intero.

Suonavano i Betsabea


___



Inauditamente prodottasi
a guisa d’aggregato urbano
la moltitudine di questo colle
sonnecchia o finge
disgiunta dagli accadimenti

Tutto non muta, come l’anno passato
e l’altr’anno e l’altr’anno ancora…
play back

Imperituro non moto
di assenze e marmitte
tra il municipio, la piazza e via Roma

L’altoparlante della chiesa madre
nell’abbandono effonde
graffi di campane al vinile

Dietro i vetri, l’uggia
si tinge di pomeriggio
sul piovono bronks

I funghi e la gioia
si sono mostrati poco attendibili
quest’anno

L’inverno, minaccia di rigido.

Da noi


___



Mite e velenosa interlocuzione
di satelliti distanti, tristi di testa.

E’ di giovane sangue le diverse
forme del male Pericolo!

Satolli di noi, troncanti nei jeans
ludibriamo l’agonia dell’asina bianca
Noi si brucia più in fretta di ieri.

Facciamo della primavera una
polemica ideologica, della verità
un guasto etico.
Di noi, uno schifo d’antropofagia.

Totale è stato del volgo la coadiuzione
a questo suicidio civico collettivo.

Politic


___



C’è fame d’opulenza
di locuste giganti
a mo’ di turchine
nelle stanze dei bottoni
E interminabili trincee
sanguinolenti

Bandiere fuoriuscenti
da viscere di vento
e brina cremisi
su campi di vene vacue

C’è sconcerto
per questi adorati figli
precari esseri
indifesi da noi

C’è una stintissima luna
che preme inespugnabili vetri
a voler interdire
il bollettino della notte

C’è un mesto filare di Pilati
convulso
in lizza
per l’impetrabile ultima chance

C’è evanescenti morti infantili
copiose
chiuse fuori all’addiaccio
beffate anche
da un limbo infondato

C’è…
C’è che devi farmi
una domanda di riserva
perchè…
C’è una finestra senza Dio
dalle parti di Roma.

Planet 2000


___



Simula il tuo Dio
in un respiro

da tempo i miei paternoster
hanno abdicato
in favore delle baldraccagini

Fammi un disegno dell’utopia
o di un coma

e scopami
ho disertato per questo

Lascerei al nemico
annettersi tutta la costa
per averti qui

Forse lui si è già messo
a testa in giù
nel tuo utero

e io, ultimo il mio sangue
in Europa.

Gorazde


___



E ora inarcati
anima mia
e umorami
più che puoi
che non ne posso più

Siamo soli
Nella mente
schifo e divino
a turno
si superano

Uomo decomposizione

Fragorosi bagliori
canti sinistri di ferraglia
dilagano

Vedi,
non siamo riusciti
a pantofolaie
il planetario contendere

E inarcati ancora
anima mia
fin che puoi
che non ne posso più

Uomo decomposizione

Siamo soli
Nella mente…

Tutto ciò
come tutto il resto
c’indispone.

Volevo farne una canzone


___



Creature deiformi
verranno dal mare
in dorso ad anfibi sauri celesti

salperanno le sponde d’Europa
e si uniranno in arbitrio agli
umani donna

And me at last
father of myself…

Propizi batteri fulminei
erigeranno faraglioni kamikaze

Il mare avrà sette code
e la terra, le code del mare

And me at last
father of myself…

Esulteranno le etnie erranti
sul pianto dei signori dell’apocalisse

Mille e mille zattere di giada
in festa
per la dissoluzione di culti fallaci

The sea will have seven tails
and earth sea’s tails…

E io, da ultimo…
padre di me stesso.

Sproloquio


___



E un grande falò
renderà servigio
alle posterità

Ci daremo in pasto
alle notti di Cabiria
e alle donne di Lemno

Arderanno le distanze
le cause del pianto
e i peni degli Dei

Arderà, per causa propria
l’insania bellica
e
finalmente

non avrò più paura
di addormentarmi.

Big falò


___



Folle soliloquio da iugulàre
nella notte sistematica.

I muri hanno il compito
di randellarmi le falangi
e intridersi del mio strazio.

A due ore dall’aurora
gli arcghi, gli ottoni
e il pianto della nebbia
di una notte troia, in una cuffia hi-fi
mi doppiano il tempo
e mi triplicano il desiderio
del ritorno
all’amniotico caveau.

Domanda insonne tachicardia:
Cosa siamo? Se non, la sintesi fluida
di una fottuta, condensata poi in rughe
di paure e rinfuse geometrie mentali?

Dolcissime mandarine, concepite di frodo
lasciate putrefare dal vecchio Deng.
Piccoli fiori di carne romena, senza nome
insierati HIV dal caro Nicolae.
Il monito francese nei perlacei fondali
di Polinesia. La gran frullana dei balcani.
L’inutile carnaio conghese.

Non posso amarti questa notte
In cento angoli della terra
e nella terra di Cristo
s’intrecciano botti
in un unico
seducente, disgustoso mutilare

mentre fuori
l’impeto dell’agone virtuale
insanguina roventi cuori d’asfalto
fianchi di telefonini cellulari
copule multimediali.

L’intero intorno -intento alla suzione
di adulterati gargarismi di giudicanti
e pennaioli- brama l’arrivo dei
dissotterratori di tomahawk, come
alibi pro-redenzione.

5000 prove d’acquisto di pappagatto
e l’imbecille televisivo ti regala le
Mauritius… E musi neri e gialli e
Bianchi forzano la porta. Sono in
Salotto, in cucina: frugano in frigo…
Fermateli!

“Ad ognuno la sua pezzuola di brago”
proclama il legaiolismo.

“Inezie,”
rimbrotta l’intrepido skipper in bicicletta
fronteggiando il recedere,
“a quanti sopravvivranno, è sicura la terra promessa”

E, al secondo classificato
come è consuetudine, gli sarà offerta
la revoca dell’esistenza, mediante
bagliore di supernova, suppongo.

Ma forse,
nulla è così disdicevole
di come può sembrare all’inizio
Se non peggiora.

Nell’ipotesi seconda –previdenti-
acquisteremo più indulgenze possibili.

E così, senza tiri mancini
né disordini, né Olocausti –mediando
il tutto tra il villaggio globale e la
repubblica del condominio-
guadagneremo l’etrno internet.

Chissà…?
Intanto, io volo
senza il timore del marciar
di mestiere… volo!

In un volo pseudoterapico
alla mia nevralgia patologica
versificando storditaggini, bestemmie e codardie…

Volo,
perdendomi tra musica

versi

e te.

Puzzle


___



E se, non è per nulla vero
che noi si vive?

Questa potrebbe, invero
essere una non-dimensione
tra gli anni luce.

E perché soffrire, se è solo
un movie lontanissimo?
Swinghiamo, adesso.

Come si può pensare
per un attimo
allo stesso attimo?

Che pena.
Mi sono visto, da vecchio
in un’altra galassia
ed anche lì era una realtà
virtuale.

Ma dove siamo, realmente
adesso?

Provo a lavarmi i calzini
per dimenticare… Macché!
E’ una continua implosione
come cercare un vuoto nello
spazio.

E allora, proviamo con la guerra.
Ecco. Questo potrebbe essere un
modo originale.

Hei, non pensarci.
Domani, svegliami con un bacio
e un caffè.

Dubbi


___



Ho sognato una fila interminabile
di genti
Veniva tutta in pellegrinaggio
nel mio cassetto
“E’ buffo” ho pensato

All’uscita erano tutti senza
la testa
e ho pianto di gioia


___



Semmai fosse utile,
Signore,
rincorrere la propria nuca
non giustifica tutto il tempo
tra il liquido fluire e l’inerme polvere.


Nunzio Tria

2 commenti:

Anonimo ha detto...

L'amore non è solo un lupo che sanguina...è anche un paradiso segreto...
paradiso/inferno
felicità/disperazione
...un bicchiere colmo di lacrime amare....mettiamo un pò di zucchero...sarà tutto più dolce.
La glicemia è salita...sono pazza di te...sì, solo pazza!..amare è follia...follia è pensarti...follia è amarti..follia è pensare di amarti e cercare di dimenticarti!
Dolcissima follia...e la glicemia sale.....

Nunzio Tria ha detto...

Vedo con piacere che hai lasciato in più post lo stesso commento.
Ti ringrazio. In uno dei tanti ti ho risposto.
Ciao
nt